Il territorio, con le sue bellezze, con le sue piante spontanee, identitarie, che non solo danno quel tocco decorativo che alimentano quel colore verde, punzecchiandoci naturalmente a considerare quell’importanza di essere VERDI dentro, a sostegno e tutela della nostra terra, facendo ognuno di noi la giusta e doverosa politica del non violentare la stessa ed i suoi veri attori floreali e animali. Giusto un verde, dominante, colorato da diverse qualità del suo frutto, avrete intuito che dal titolo cresce spontaneamente ed ha le spine e ci regala dei dolci frutti, non si può sbagliare, si tratta del normalissimo FICO D’INDIA, in botanica denominato come OPUNDIA FICUS -INDICA. La loro origine è messicana, addirittura dalle civiltà INCAS che ne facevano grande uso, la loro origine del nome è contesa in diversi tesi, ossia quella che Cristoforo Colombo , avendoli visti nella sua scoperta delle Americhe, che in un primo istante ,era convinto di aver scoperto le Indie, li avevano battezzati come i fichi d’India, un’altra tesi quella che potrebbe essere quella , di una storpiatura nel nome, come i FICHI d’INCAS , in fichi d’India, di certo la loro provenienza è esatta , provengono dalla terra messicana che ha tante similitudini alla nostra , a quella italiana , dove cresce spontaneamente, copiosamente, quella che comprende le regioni Sicilia, Calabria, Puglia e Sardegna.

L’isola siciliana contribuisce con il 90% della produzione nazionale, il restante 10 % se lo dividono le tre restanti regioni. Giusto per precisare che in Sicilia, è diffusissimo, consumato in diversi impieghi in cucina, pasticceria e in cosmetica, viste le sue proprietà e i suoi contenuti di potassio, calcio e fosforo. Arriva il 24 giugno , giorno dove viene festeggiato S. Giovanni e anche in Calabria come ormai da tantissimi anni in Sicilia, si procede all’operazione della scozzolatura della pianta, un uso , una tradizione identitaria che si narra, nacque per caso , al seguito tra una lite fra due contadini in Sicilia, che uno degli stessi dopo aver avuto un dispetto sulla propria vigna , rese la “cortesia” scozzolando tutte le piante di fichi d’india al confinante , facendole un dispetto nel non poter raccogliere i frutti in estate , ma inconsapevolmente lo favori , perché questa azione di rimuovere i frutti freschi con fiore e le pale giovani, consenti di avere frutti più grossi e più gustosi in anno avanzato , consenti addirittura di avere i fichi d’india sul tavolo a Natale o addirittura a febbraio, frutti che si formarono più grossi e vennero denominati bastardoni o fioroni.

Questa usanza anche i nostri nonni la compievano, in periodi di magra economica, nel periodo delle guerre, per poter avere frutti e qualche cosa di commestibile ed energico da nutrirsi, si accontentavano di scozzolare una parte delle piante per aspettarsi in inverno avanzato questa delizia necessaria a sostentarsi. Anche il contadino a km zero catanzarese, da diversi anni compie questa azione, che non solo dona frutti tardivi, ma di fatto la sia rinforza garantendo alla stessa un periodo maggiore di ninfa e vita nell’arco dell’anno.

Ringraziamo come al solito Mimmo che anche oggi ci ha regalato una pillola di sapere, di tradizione identitaria da tramandare, immersi nella terra che sempre più andrebbe controllata, difesa e tutelata naturalmente e non in maniera sofisticata che spesso la chimica offre. Evviva S. Giovanni …aspettando i fichi d’india invernali che si potranno chiamare bastardoni, ma la loro delizia e gustosa valenza li impreziosiscono diventando dei preziosi fioroni naturali, senza sofisticazioni chimiche ,ma forti di usanze antiche da rispettare e tramandare.

Gianpiero Taverniti