Un ‘altra collana piena di perle, quella che rappresenta il castello normanno svevo di Vibo Valenti, lo stesso dall’alto domina sul capoluogo calabrese, nell’antica zona dove un tempo , sorgeva l’antica Acropoli di Hipponion che si estendeva per tutta l’area .Castello che vive due fasi storiche , la prima quella della sua costruzione durante il periodo Normanno, prima fase di costruzione della struttura , ma in realtà risale al periodo Svevo ,quando Matteo Marco Faba governatore della Calabria ,fu direttamente incaricato da Federico II , di poter iniziare lo sviluppo economico e sociale della città di Monteleone, antica Hipponion ed odierna Vibo Valentia.

 

La fortezza conosce la maggiore espansione per mani di Carlo d’Angiò, intorno al 1289, quando conquistò l’aspetto più vicino a quello di oggi. Con l’arrivo degli Aragonesi nel XV secolo, fu rafforzato e poi ridimensionato dai Pignatelli, tra il XVI-XVII sec, dove perse la sua importante funzione militare e si trasformò come residenza nobiliare. quasi del tutto la funzione militare e assumendo invece quella di abitazione nobiliare, addirittura sembrerebbe che il secondo piano venne demolito, perché pericolante, dopo gli ingenti e importanti danni del terremoto del 1783. Il castello oggi si presenta in ottimo stato, con continua e visibile cura, composto da due torri cilindriche, una torre speronata ed una splendida porta ad un’arcata di epoca angioina. Già, la fortezza può essere considerata come una cassaforte di storia, non solo per quello che rappresenta per la città vibonese e per la Calabria, ma anche perché funge da vera e propria “cassaforte” contenente importanti e preziosi resti dell’epoca greca, romana e medievale che riguardarono in passato l’antica Hipponion, visto che 1995, è sede del museo archeologico che di fatto fu istituito nel 1969 e intitolato al Conte Vito Capialbi, fortemente legato al territorio e importante custode di testimonianze storiche della città. Un museo ben curato, che contiene diversi resti, non solo rinvenuti nelle diverse campagne scavo, ma donati da diverse famiglie cittadine, proprio dei Capialbi, Cordopatri e Albanese, testimonianze artistico, storiche e archeologiche di una città che ha lunga storia, che passa per 8000 anni. Sale espositive ben assortite e allestite, illuminate bene, con luminanza ben distribuita, verso le ordinate e nuove teche, dove dominano varietà di manufatti domestici, ceramiche corinzie, rodie e attiche anche importanti, bacili, elmi bronzei, statuette votive e diversi oreficerie (orecchini, anelli , fibule e pregevoli spilloni) e diversi frammenti architettonici che risalgono al 550 a.C. In questa miriade di “tasselli” di una storia importante che ci chiede di essere posta sul piedistallo della conoscenza degli appassionati, degli studiosi e dei visitatori, dominano il busto di Agrippa, generale romano genero e fedele collaboratore di Ottaviano Imperatore e una laminetta aurea, testimonial del culto orfico, interpretato con iscrizioni in dialetto dorico-ionico, dove si fornivano consigli per il passaggio del defunto nel mondo dei morti, stesso castello oltre che cassaforte di ricca e importante storia archeologica e sociale del passato, ma di fatto luogo di cultura , luogo che nel periodo antecedente al covid veniva fruito a 360° , anche con importanti rappresentazioni cultural teatrali di rilevante importanza, cuore di cultura di una città che non tantissimi conoscono , ma che nella sua foschia bassa e nella sua umida pioggerellina autunnale , in tanti non hanno mai osato a far risplendere il sole della conoscenza e della valorizzazione di Vibo Valentia, alimentato dai forti “raggi storici” dell’antica Hipponion e della più recente Monteleone.

Gianpiero Taverniti