Riccione – E’ vero che ogni promessa è debito, ma quella onorata dal riccionese 44enne Nicola Ruberto è quasi da Guinness dei primati. Per tenere fede alla parola data 20 anni fa a un amico durante il proprio matrimonio, ha compiuto un mezzo Giro d’Italia sui pedali in solitaria: dalla chiesa delle proprie nozze all’Alba nella Perla Verde alla chiesa di quelle del compagno di mille avventure a Benestare, nel cuore di Reggio Calabria.
«Sono un cicloamatore, non un ciclista. Non faccio gare, in bici mi piace viaggiare, vedere luoghi, fermarmi magari a mangiare un piatto di tagliatelle. Non sono di quei fissati da semolino, sono quasi un quintale e quando giro mi fermo a provare le specialità del posto», premette, con un’autodefinizione che dice tutto sullo spirito d’avventura: «Sono titolare di un’azienda metalmeccanica e per riuscire a regalarmi un po’ di bicicletta due-tre volte alla settimana mi sveglio alle 4.30, faccio una pedalata di un’oretta e mezzo con un amico e poi vado al lavoro. La gente che lo sa ci dice sempre che siamo matti e noi rispondiamo “non siamo matti, siamo matti… nieri”. E quando mi chiedono che media tengo, mi piace rispondere che di medie conosco la birra e me ne faccio due-tre al bar quando mi fermo».
Torniamo alla “mattata” Riccione-Reggio Calabria: come è nata?
«Quando mi sono sposato, nel 1999, avevo promesso al mio amico Dario che se un giorno si fosse sposato sarei andato al suo matrimonio in bici. Quel giorno è arrivato e ho deciso di onorare la promessa: solo che sua moglie Giusy è di Benestare di Reggio Calabria e la promessa è diventata tosta tosta».

Non si è perso comunque d’animo, anzi. Come ha reagito il suo amico?

«Il matrimonio era sabato e io sono partito il martedì mattina per arrivare a destinazione il venerdì pomeriggio. A lui l’ho avvisato il lunedì sera. Gli ho detto che non sapevo se sarei andato venerdì in pulmino con tutti gli altri, troppa strada in macchina… Si è spaventato temendo il bidone, poi gli ho detto che non mi avrebbe trovato sul pulmino perché partivo in bici ed è esploso. “Lo sapevo che l’avresti fatto, sei matto!” ha iniziato a urlarmi».

Come è andata l’avventura? Quanti chilometri si è dovuto sorbire?
«I primi due giorni è stata dura: ho trovato un gran vento contro, lo Scirocco. Un paio di volte mi sono anche dovuto fermare. Poi mi sono riconcentrato ed è stato tutto bello come sempre. Martedì ho fatto Riccione-Termoli, quasi 330 chilometri: in Abruzzo una signora ha aperto lo sportello e mi ha fatto cadere procurandomi qualche escoriazione, ma sono riuscito a superare anche questa. Mercoledì è stata la volta di Termoli-Metaponto, giovedì ecco Metaponto-Isola di Capo Rizzuto e venerdì sono arrivato a Benestare dopo ben 996 chilometri».
Un mezzo Giro d’Italia in solitaria appunto. Le soste sono state all’altezza delle aspettative?
«Ho imparato a muovermi con le sacche e i cambi che ci vogliono e mi tratto bene con hotel di ottimo livello per la notte: per riuscire a stare in sella 12-14 ore devi aver recuperato e mi faccio una bella cena, una bella dormita e una colazione in cui mangio ogni ben di Dio. A quel punto sono come nuovo. Vado in bici per godermi il mondo: appena sono arrivato in Puglia, mi sono sparato un piatto di orecchiette alle cime di rapa».

Aveva mai fatto qualcosa di simile?
«Così tanti chilometri no, ma di “mattate’” ne faccio diverse. Sfide con me stesso, non con gli altri: se uno va più veloce sono contento per lui, non salgo sui pedali per gareggiare. Mi sono ad esempio inventato il “viaggio del sole” e sono andato a Pisa e tornato per vedere l’alba sul Tirreno e sull’Adriatico in un solo giorno, sono partito di notte per Gubbio e rientrato in giornata, e una che mi è piaciuta molto è stata farmi l’alba sul Nerone e il tramonto sul Catria».

Corriere Romagna