- DI COSIMO CACCAMO
L’artigianato calabrese ha rappresentato in passato un aspetto di primaria importanza nell’economia dei paesi grecocalabri. Esso è legato, in tutte le sue espressioni, a tradizioni culturali molto antiche e sviluppa pertanto una produzione densa di contenuti culturali e spirituali.
I manufatti tessili ne sono un alto esempio e sottendono ad un’arte carica di valenze simboliche e luogo ideale di condivisone e socializzazione dell’universo femminile.
Il fiore all’occhiello dell’industria tessile reggina fu, a partire dalla dominazione normanna-sveva, la lavorazione della seta. L’attività di allevamento del baco da seta e quindi la produzione della seta nella città dello Stretto iniziò in epoca bizantina, prima dell’anno mille. Soprattutto, i sobborghi reggini erano luoghi di allevamento, tali da divenire un elemento fondamentale per l’economia locale.
L’allevamento dei bachi, la produzione della seta ed il relativo commercio continuarono ad essere floridi fino all’epoca della dominazione spagnola. Agli albori del secondo millennio, Reggio rappresentava il principale mercato di esportazione della seta grezza e lavorata di tutta la Calabria verso Sicilia e l’attività di produzione dava largo spazio al lavoro femminile, spesso anche a donne di posizione sociale elevata. Le famiglie reggine dedite all’attività serica, da aprile a luglio, ricavavano un reddito consistente, con il vantaggio di interessare un limitato periodo lavorativo che fruttava una rendita molto cospicua.
A Reggio, per volere di Federico II°, fu istituita la Fiera della seta, che si svolgeva annualmente ed era visitata dai mercanti di tutta Europa. La vera fortuna della seta calabrese durò fino alla fine del XVII° secolo, quando Lione, con l’intervento di maestranze, soprattutto calabresi, divenne leader nel campo della creazione dei tessuti preziosi.
Purtroppo, nel XVII° secolo, la crisi colpì molte aree dell’Italia per una generale carenza di innovazioni tecnologiche e solo nel 1780 il governo del Regno di Napoli intervenne, fondando a Villa San Giovanni la prima scuola-opificio per l’aggiornamento tecnologico, finanziata dai Caracciolo.
Col passare del tempo, la Calabria si trasformò da produttrice di materiale pregiato in un grande mercato di prodotto grezzo che veniva di seguito smistato e lavorato nelle fabbriche genovesi e fiorentine.
La storia della seta in Calabria è anche storia di presenza femminile; le donne, infatti, erano al centro di un vasto processo che incominciava con l’allevamento del baco e procedeva con le varie operazioni del ciclo di produzione, dalla trattura alla tessitura. Nell’ottocento, dall’attività di artigianato domestico, concretizzata in piccoli opifici familiari sparsi all’interno dei centri abitati, si giunse all’avvento di grandi stabilimenti quali la filanda. Nel 1860 si affermarono nel territorio reggino circa 120 filande con 1200 addetti, in gran parte donne. Con l’Unità d’Italia, il commercio rimase notevole, mantenendosi attivo fino al periodo tra le due guerre mondiali. Successivamente, a causa del mutamento degli scenari politici e commerciali ed all’avvento di nuove tecnologie straniere, la produzione e la lavorazione della seta subirono un drastico calo.
Questa attività ebbe un immenso valore per Reggio Calabria e per il suo territorio, costituendo una delle più importanti fonti di benessere economico per l’intera area. Encomiabile è la testimonianza del Museo della seta della Città di Reggio Calabria che offre un panorama storico dell’arte della seta e del costume calabrese, promuovendo un patrimonio culturale ed economico antichissimo. La tradizione tessile calabrese vanta una storia millenaria e ha condizionato fortemente lo sviluppo dell’economia locale;pertanto la sua valorizzazione deve incoraggiare il ritorno agli antichi mestieri per favorire la ripresa del settore tessile. Oggi, nell’era della globalizzazione, è indispensabile ritrovare le nostre radici e acquisire la consapevolezza della nostra identità storico-culturale, recuperando le antiche tradizioni per poter ravvivare l’arte serica reggina.
NB: Le parti in grassetto sono tratte dal blog “liberopensatore” di Pasqualino Placanica raggiungibile al seguente link: http://paplaca.blogspot.com/
fonte: http://www.calabriaonweb.it/index.php/archivio/calabrian-touch/5698-la-seta-l-arte-antica-nell-economia-del-territorio-calabrese