Di Giovanni Padalino

Articolo 30: il diritto alla libertà di scelta educativa
Intervista alla dottoressa Suor Anna Monia Alfieri

L’articolo 30 della nostra Costituzione è chiaro: tutti i cittadini godono pienamente del diritto alla libertà di scelta educativa. Su questa scia si è inserita la Legge 62/2000: un genitore può scegliere per il proprio figlio tra una scuola pubblica statale e una scuola pubblica paritaria. Ricordiamo, come ci ammonisce l’Europa, che pubblico non è sinonimo di statale ma pubblico è tutto ciò che è a servizio dei cittadini. Tuttavia ciò che il diritto ha garantito non è realizzato nei fatti: chi sceglie la scuola pubblica paritaria deve pagare una retta, oltre, ovviamente, alle tasse che paga per un servizio, la scuola pubblica statale, di cui non si avvale. Cosa vuol dire tutto questo?
Semplice: che non tutte le famiglie possono scegliere la scuola pubblica paritaria per i propri figli, nonostante le scuole paritarie, soprattutto quelle gestite da Congregazioni, tentino di richiedere il pagamento di rette che non superano il Costo Medio Studente, ossia quella cifra che indica quanto costa uno studente italiano, a seconda dei livelli scolastici, così come definito con apposita circolare del Ministero dell’Istruzione e del Merito. Va notato che, da una parte, le scuole paritarie chiedono rette inferiori al Costo Medio (il che vuol dire che il gap è colmato dalle Congregazioni), dall’altra il costo, in tasse dei cittadini, dello studente della scuola statale è assai superiore, a motivo dell’atavico spreco.
A favore del diritto alla libertà di scelta educativa si è schierata, da anni, Suor Anna Monia Alfieri, legale rappresentante dell’Istituto di Cultura e di Lingue Marcelline, nonchè membro della Consulta di Pastorale scolastica e del Consiglio Nazionale Scuola della CEI, Cavaliere al Merito della Repubblica Italia e Ambrogino d’Oro proprio per il suo impegno a favore della libertà di scelta educativa dei genitori e del diritto di apprendere degli studenti senza alcuna discriminazione economica.

Gentile sr Anna Monia, ancora oggi si discute tanto dell’articolo 30 della Costituzione che stabilisce il diritto della libertà di scelta educativa. Per quale motivo lei, ha deciso di schierarsi a favore di questo diritto?

Ho deciso di schierarmi a favore della libertà di scelta educativa perché ritengo che anche i genitori italiani, come i loro colleghi europei e del mondo, abbiano il diritto di scegliere la scuola per i loro figli, la scuola che ritengono maggiormente conforme ai loro principi educativi. Sogno una scuola italiana pubblica che proponga ai genitori una vasta gamma di offerte formative tra le quali i genitori possano scegliere senza alcun vincolo economico. Il tutto ovviamente sotto lo sguardo garante dello Stato che deve divenire esattamente solo garante del diritto all’istruzione e non gestore pressochè unico come avviene attualmente. Ricordiamo che il covid ha complicato ulteriormente la situazione, portando numerose scuole a chiudere (800 le scuole paritarie che hanno chiuso dal 2000 ad oggi). Ciò significa che il pluralismo educativo è messo seriamente in crisi, soprattutto in quei territori che, invece, avrebbero bisogno di scuole aperte e non chiuse. Mi riferisco ovviamente ai territori del Meridione.

Secondo la Legge 62/2000 un genitore possiede la facoltà di scegliere la scuola più adatta per i propri figli, tra scuola pubblica statale e scuola pubblica paritaria.
Purtroppo come sappiamo, spesso per questioni prevalentemente economiche i genitori sono costretti a scegliere per i propri figli la scuola pubblica statale. Cosa pensa di tutto questo?

Penso che si tratti di una grave ingiustizia, frutto di una ideologia che negli anni è cresciuta, un’ideologia che ha considerato le scuole paritarie dei diplomifici, scuole per i ricchi o per gli studenti che volevano la promozione assicurata. Ma non è così. Chiaro che lo Stato deve intervenire, deve vigilare sul lavoro delle scuole ma non può arrogarsi il ruolo di unico gestore del servizio di istruzione. L’onda dell’ideologia è stata cavalcata ora dalla politica, ora dai sindacati e così si è arrivati alla situazione che tutti conosciamo: le statistiche ci confermano che gli standard di apprendimento degli studenti italiano sono, in generale, di gran lunga inferiori agli standard europei. Tuttavia quelle regioni, Lombardia e Veneto, che negli anni hanno introdotto misure di sostegno economico alle famiglie per l’istruzione dei figli, i livelli di apprendimento raggiungono la media europea. Sarà un caso? Direi proprio di no.

Molti paesi dell’Unione Europea sono riusciti a superare questo problema e a garantire questi diritti. Perché il nostro paese fa ancora molta fatica a fare questo?

Ripeto ciò che ho sopra affermato: la scuola italiana è stata per decenni feudo dell’ideologia, è stata oggetto di logiche volutamente divisive che ha ingenerato una guerra tra poveri. Poveri sono gli studenti che si vedono negata un’istruzione di qualità, poveri sono i genitori che devono accontentarsi di non poter scegliere, poveri sono i docenti, vittime del precariato, vittime di un trattamento economico inferiore, a parità di titolo, ai colleghi della scuola statale. E’ chiaro che la scuola è stata vista sempre come instrumentum regni, al servizio di un potere statale. E tutto ciò che nella scuola statale non era è sempre stato visto con sospetto. Chissà perché la stessa cosa non avviene nel campo della sanità, campo all’interno del quale la collaborazione tra pubblico e privato è ormai consolidata. Ma la scuola libera il pensiero che qualcuno vuole meschinamente tenere imprigionato e asservito.

Secondo lei quali sono le azioni che il nostro Paese deve intraprendere per riuscire a risolvere questo problema?

Semplice: occorre dare autonomia alla scuola statale, libertà alla scuola paritaria. Come? Introducendo il costo standard di sostenibilità, una quota (almeno il 70% del costo medio studente) da assegnare alle famiglie per l’istruzione dei figli. I genitori, in una sana e costruttiva concorrenza tra offerte formative, potranno scegliere dove spendere quella quota che le scuole dovranno, ovviamente, essere in grado di rendicontare. Il tutto con un notevole risparmio per le casse dello Stato. Avviene in tutta Europa, anche in Francia: il genitore laicista francese può scegliere, il genitore cattolico, musulmano, ortodosso, ateo no. Perché, badiamo bene, la scuola paritaria cattolica non è confessionale: essa accoglie tutti a patto che accettino l’offerta formativa.