I magistrati d’appello (presidente Tarzia, consiglieri Bianchi e Ascioti) rilevano: «Le cosche che emergono con particolare chiarezza sono quelle di Africo dei Palamara Bruciati e dei Morabito Larè mentre più sfumata è l’influenza della cosca capeggiata da Saverio Mollica il quale, secondo le risultanze probatorie, è assegnatario esclusivo della zona di Motticella-Bruzzano Zeffirio». Ancora dopo si evidenzia che «dal materiale probatorio in atti è emersa l’effettiva esistenza di una sorta di patto criminale secondo cui, nel territorio di Brancaleone, i lavori di importo superiore ai 140.000 euro erano controllati dalle cosche africesi, essenzialmente dei Palamara e dei Morabito, mentre quelli di importo inferiore potevano essere eseguiti dalle ditte locali».
In definitiva la conferma delle condanne, pur in gran parte rideterminate, va ricercata nelle «numerosissime conversazioni intercettate sull’auto di P.F., tra questi ed i suoi interlocutori, nel loro reciproco intrecciarsi e confermarsi, restituiscono un quadro estremamente chiaro degli equilibri mafiosi esistenti nel periodo in contestazione nel comprensorio di Brancaleone, quadro che, in rapporto alla influenza criminale delle cosche africesi, e aderente alla rappresentazione offerta dal capo 1 della rubrica ed appare correttamente ricostruito nella sentenza di primo grado».
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