Sedici persone ritenute appartenere a due distinte organizzazioni criminali dedite all’attività di usura ed estorsione sono finite in arresto nel corso di una doppia operazione portata a termine dalla polizia di Stato di Torino
Ai soggetti ritenuti appartenere al primo “gruppo” si contestano – nell’ambito all’attività denominata “Criminal Consulting – i reati di associazione per delinquere finalizzata appunto all’usura e alla truffa – anche aggravata – per il conseguimento di erogazioni pubbliche, la malversazione a danno dello Stato, all’esercizio abusivo di attività finanziaria, nonché all´intestazione fittizia di beni e il riciclaggio.
Quanto alle persone che gli investigatori considerano appartenere invece alla seconda di organizzazione criminale – che da quanto emergerebbe dall’inchiesta, chiamata in questo caso “Pugno di Ferro”, sarebbe stata capeggiata da un sorvegliato speciale, Renato Macrì, ritenuto esponente della locale di ‘ndgrangheta che farebbe capo alla cosca Ursino-Scali-Macrì di Gioiosa Jonica – sarebbero stati anch’essi dediti all’usura, all’estorsione, al riciclaggio, all’intestazione fittizia di attività finanziarie e con l’aggravante del metodo mafioso.
Dall’attività investigativa si delineerebbe un terzo filone d’indagine, derivante dai prestiti a tasso usuraio elargiti da un pluripregiudicato attualmente latitante, in collaborazione con alcuni suoi stretti familiari, e con l’aiuto delle mogli di alcuni esponenti apicali del clan calabrese dei Crea, originari di Stilo, nel reggino.
La polizia ha riscontrato dei gravi indizi di colpevolezza a carico di numerose persone, indagate a vario titolo per truffa, usura, estorsione, intestazione fittizia di beni, corruzione ed eseguito un sequestro preventivo di denaro, beni e altre utilità, dei quali gli indagati avrebbero avuto la disponibilità in via diretta e per interposta persona, fino al valore di circa 3 milioni di euro. Allo stato attuale sarebbero 30 le vittime dell’usura e dell’esercizio abusivo del credito.
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Creavano società fittizie intestate a teste di legno per ottenere finanziamenti pubblici ed erogazioni di denaro da parte di istituti finanziari con cui poi prestare denaro a tassi di usura. I proventi di questa attività andavano a consolidare le casse della ‘ndrangheta e quando le società fallivano, le banche si trovavano a subire ingenti danni. Anche Finpiemonte, così come altri importanti istituti di credito, figura tra le vittime dell’associazione a delinquere che ha portato questa mattina all’arresto da parte della squadra mobile di 16 persone (il diciassettesimo, Vittorio Raso, è latitante) in una vasta indagine che vede coinvolta una trentina di persone.
L’inchiesta del pm Valerio Longi del pool della dda, coordinata da Annamaria Loreto, si incentra su due diverse organizzazioni criminali. La prima, capeggiata da Vittorio Ceretta, la seconda da Renato Macrí, già sorvegliato speciale. A firmare la misura cautelare, come ha ricordato con commozione Loreto, era stato anche il pm Antonio Smeriglio, scomparso un anno fa. I reati contestati vanno dall’usura all’estorsione, ma anche riciclaggio, truffa aggravata, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, malversazione, intestazione fittizia di beni. Nell’indagine è emersa anche la partecipazione delle mogli dei fratelli Adolfo e Aldo Cosimo crea, esponenti al vertice del clan calabrese e attualmente in carcere in regime 41 bis: le due donne sono accusate di aver avuto un ruolo nel prestito a tassi usurai del denaro di Vittorio Raso. “È stato anche disposto il sequestro preventivo di circa tre milioni di euro” ha detto la coordinatrice della dda Loreto.
“Un quadro investigativo allarmante, che attesta un coinvolgimento di organizzazioni criminali in settori di alta specializzazione, una minaccia molto piú qualificata rispetto a quella mafiosa tradizionale”, ha invece spiegato il dirigente centrale anticrimine della polizia, Francesco Messina. “In Piemonte la presenza della ‘ndrangheta è quasi endemica – ha aggiunto- lo schema investigativo utilizzato qui a Torino puó essere replicato nel resto del Paese. Oggi la minaccia è la capacità dell’organizzazione criminale di incidere a livello economico sulla società. Ormai è chiaro che organizzazioni simili attecchiscono anche in realtà dove vi è un elevato senso civico, non è piú un problema culturale”.
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