Venti morti e oltre 150 feriti, molti dei quali in condizioni gravi, in appena dieci anni. È questo l’agghiacciante bilancio della Ss 682 Ionio-Tirreno, la trasversale che collega il versante ionico a quello tirrenico della provincia di Reggio Calabria. Quella che un tempo rappresentava un’opera strategica per collegamenti, commercio e turismo è diventata oggi una delle strade più pericolose della regione, percorsa ogni giorno da migliaia di veicoli che non hanno alternative reali.
Contando anche le tre vittime dell’incidente di martedì scorso, la situazione è drammatica. Se quelle venti persone fossero tumulate insieme, riempirebbero un’intera parete di loculi in un cimitero. Una fotografia cruda ma necessaria per comprendere la gravità di ciò che accade da anni su un’arteria ormai vecchia, inadeguata e pericolosa.
Eppure, chi era presente all’inaugurazione dell’agosto 1989 ricorda un’altra storia: entusiasmo, fiducia, speranza. «Con la strada nuova è una passeggiata», si diceva. La Riviera dei Gelsomini visse un periodo di crescita economica, turistica e commerciale, la Ss 682 rappresentava un ponte tra due coste.
Oggi quella stessa strada è un incubo per automobilisti e pendolari. Carreggiate strette, corsie ridotte, scarsa illuminazione, manutenzione insufficiente e volumi di traffico crescenti hanno trasformato un’infrastruttura strategica in una trappola quotidiana.
Venti morti e 150 feriti in dieci anni non sono solo numeri: sono vite spezzate, famiglie distrutte, comunità ferite. Ogni tragedia riaccende appelli e richieste di interventi strutturali urgenti, ma le risposte tardano ad arrivare.
Quella che doveva essere una “strada della speranza” non può restare una strada del sangue. Servono azioni concrete, investimenti e un piano di sicurezza serio per restituire alla Ss 682 la funzione per cui era nata: unire, non dividere.
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