di Francesco Marrapodi

Se oggi, nella Locride, ci sono sindaci che parlano di cultura come strumento politico, questo è un risultato straordinario. Da sempre affermiamo che la nostra terra non è solo cronaca nera, ma anche bellezza e pensiero. Eppure, non sempre alle parole seguono i fatti.

Domenico Stranieri, sindaco di Sant’Agata del Bianco dal 2016, è un’eccezione. Dopo anni di lavoro con amministratori, cittadini, volontari e artisti, ha trasformato il suo paese in un vero e proprio museo a cielo aperto, fatto di percorsi artistici e cammini letterari. Ora, con la casa editrice Rubbettino, ha pubblicato un saggio dal titolo Solo come la luna – Rabbia, amore, personaggi e linguaggio del popolo in Saverio Strati, con la prefazione di Giuseppe Polimeni, professore ordinario di Storia della lingua italiana e Linguistica italiana all’Università Statale di Milano e membro dell’Accademia della Crusca. Saverio Strati, nato proprio a Sant’Agata del Bianco nel 1924, fu muratore, emigrante e infine scrittore. Scoperto da Giacomo Debenedetti, vinse il Premio Campiello nel 1977, ma fu poi dimenticato dal mondo editoriale. Eppure, le sue pagine non hanno mai smesso di parlare. Nel suo saggio, Stranieri ricostruisce con rigore filologico e passione la voce profonda di Strati: quella di un narratore che non inventava personaggi, ma li ascoltava emergere dalla memoria, dalla fatica, dalla voce collettiva del popolo calabrese. Così, il lettore può ritrovare l’amarezza di Tàscia per la partenza dell’amico Tibi, la bellezza e la dignità di Cicca, la follia filosofica di Zio Cicalino, il dolore dell’Uomo in fondo al pozzo. E ancora, entrare nel cuore dei romanzi Il selvaggio di Santa Venere e Il Diavolaro, scoprendo anche curiosità, come la passione di Strati per l’arte. Stranieri scava nei testi, nelle lettere e nei ricordi condivisi per mostrare come lo scrittore abbia saputo trasformare l’esperienza personale in narrazione corale. Attraverso l’analisi di incipit, dialoghi e monologhi, emerge il legame profondo tra autore e personaggi, tra lingua e popolo. Nelle storie e nelle riflessioni di Strati riecheggia un’esortazione chiara: spezzare la rassegnazione, l’assistenzialismo passivo e l’attesa messianica di aiuti esterni. Solo attraverso un’assunzione di responsabilità individuale e collettiva – una sorta di rivoluzione interiore fondata su orgoglio ritrovato, onestà, laboriosità e impegno civico – il Mezzogiorno potrà, secondo Strati, risollevarsi dalle sue storiche condizioni di arretratezza e costruire un futuro di dignità e progresso.