73 anni fa, alle ore 16,12 la corazzata Roma, vanto ed orgoglio della Regia Marina Italiana, colava a picco, colpita da due bombe radioguidate, sganciate dagli ex alleati tedeschi, in risposta del tradimento subito dagli italiani.

Da quel tragico momento,che è stato il primo episodio della lotta di resistenza, si sono perse le notizie sulla esatta posizione della corazzata, i morti furono 1393, e fra questi molti anche marinai calabresi; quello più illustre che si salvò fu il primo comandante della nave: Arturo Catalano Gonzaga Duca di Cirella; i  superstiti furono 620, che furono poi internati insieme ad alcune navi italiane, a port Mahon nelle isole spagnole delle Baleari.

Il  collega Romano Quadrati ha scritto un libro sull’avvenimento “Corazzata  Roma, enigmi e misteri, atti e documenti  che avrebbero potuto evitare la perdita della nave, e la vita di 1393 marinai, del comandante in capo le forze da battaglia Ammiraglio Carlo Bergamini, del suo stato maggiore e del comandante la corazzata C.V. Adone Del Cima di Torre del Lago Puccini.  Ne anticipiamo un capitolo:

 

Il testamento di Bergamini

“Alle 09:41 un ricognitore tedesco Junkers Ju 88 avvistò la Forza Navale da Battaglia al largo della costa occidentale della Corsica. Tra le 09:45 e le 10:56 si verificarono quattro allarmi per l’avvistamento di altrettanti ricognitori, tre britannici e uno tedesco, che si mantennero fuori tiro. In seguito a ciò, la corazzata Roma chiese a Supermarina la protezione della caccia, richiesta che l’ammiraglio Sansonetti, informato sui movimenti dei velivoli tedeschi tenuti sotto controllo dall’intercettazione delle loro trasmissioni radio, alle 10:50 passò la richiesta a Superaereo, il quale dispose che vi provvedessero gli aerei della Sardegna, senza però dargli le giuste informazioni: ossia specificare che le navi italiane non percorrevano il mar Tirreno ma che transitavano a ponente della Corsica. Ne conseguì che quando alle 12:13 decollarono, al comando del capitano Remo Mezzani, quattro caccia Macchi M.C.202 dell’83a Squadriglia del 13° Gruppo Caccia, essi ricercarono la flotta italiana al largo della costa occidentale della Corsica per poi rientrare alle 14:10, dopo aver sorvolato l’ancoraggio della Maddalena, senza aver incontrato le navi che erano in ritardo di navigazione, e della cui rotta i piloti non conoscevano le esatte coordinate avendo ricevuto alla partenza soltanto notizie alquanto generiche e approssimative.

Alle 11:50 fu diramato in linguaggio chiaro a tutte le navi e a tutti i comandi della marina un proclama del ministro De Courten per incoraggiare gli uomini e spiegargli che era necessario deporre le armi, lodandoli inoltre per l’impegno profuso durante la guerra. Questo proclama, compilato quasi dieci ore prima dell’inizio della trasmissione, fu ritrasmesso varie volte nelle ore seguenti e anche nella giornata dell’indomani 10 settembre. La situazione dell’Italia in quel momento fece apparire rimessaggio spiritualmente appropriato e giustificato, ma giunse agli uomini della Regia Marina tardi, dopo che fu accertato che il Re si trovava al sicuro, lontano da Roma, e che le basi di La Spezia e Napoli erano già entrate in possesso della Wehrmacht.

Alle 12:10 Bergamini, dopo aver ricevuto dell’ammiraglio Brivonesi la segnalazione che la sosta della flotta alla Maddalena doveva essere breve, trasmise a tutte le unità i punti di ormeggio in rada, e successivamente comunicò di segnalare quale era, per ogni nave, la rimanenza di acqua potabile. Brivonesi, quando comprese che le navi di Bergamini, dovendo proseguire per Bona, e potevano evitare la sosta alla Maddalena, propose a Supemarina di autorizzarlo ad inviare al Roma le istruzioni con un mezzo veloce a sua disposizione, ma l’ammiraglio Carlo Giartosio, sottocapo di stato maggiore aggiunto, (vice di Sansonetti), forse perchè non sapeva cosa volesse fare l’ammiraglio Bergamini dato che non aveva dato il ricevuto a quattro messaggi inviatigli, confermò a Brivonesi di consegnare gli ordini dopo l’arrivo della flotta. Alle 13:05 il Vittorio Veneto fu informato da un messaggio della corvetta Danaide dell’occupazione della Maddalena (in realtà era stato occupato solo il centro di comando e la stazione radio da un massimo di 200 soldati delle unità Brandenburg sbarcati da alcuni trasporti provenienti da Palau, nonostante la guarnigione italiana fosse forte di oltre 10.000 uomini, sufficientemente armati e protetti da alcune navi in rada) la sorpresa fu totale.

Brivonesi, con il consenso del comandante tedesco capitano di fregata Helmut Hunaeus,mise Supermarina al corrente della sua posizione di prigioniero di guerra, pregando Sansonetti di riferire la stessa cosa a Bergamini, con tutti i rischi che la nuova situazione comportava. Alle 13:16 Sansonetti fece trasmettere alle Forze Navali da Battaglia l’ordine di dirigere direttamente su Bona invece che sulla Maddalena. Questo ordine, tuttavia, non potè essere decifrato dalla corazzata Roma per mancanza di una tabella di decifrazione. Seil messaggio fosse giunto a Bergamini trasmesso con altra tabella, egli avrebbe proseguito direttamente per Bona, saltando la sosta alla Maddalena. Quest’ordine poteva essere consegnato direttamente allo stesso Bergamini dopo la riunione degli ammiragli a Roma la mattina del 7 settembre, ma cosi non  fu, probabilmente perché a Supermarina si sapeva benissimo quale fosse il pensiero di Bergamini riguardo alle proprie navi, che egli avrebbe voluto autoaffondare, invece di consegnarle agli Alleati

I dettagli di navigazione e i segni distintivi di riconoscimento da usare per raggiungereBona arrivarono al Roma solo alle 14:24, quando la Forza Navale da Battaglia si trovava ad est dell’Asinara. Bergamini, quindi, salpando da La Spezia, non era ancora stato autorizzato ad innalzare sugli alberi delle sue navi il pannello nero e a pitturare sui ponti gli altri segni distintivi fissati dagli Alleati nel promemoria Dick. I sospetti secondo cui le intenzioni dell’ammiraglio fossero quelle di non voler rispettare gli ordini ricevuti di andare a Bona sono quindi infondati. Piuttosto si dice che al momento di uscire al porto di La Spezia il Roma aveva issato il gran pavese, Forse L’ammiraglio pensava di ospitare a bordo la famiglia reale come inizialmente prospettato.

 

Allo stesso tempo arrivò la notizia che La Maddalena era stata occupata;  alle 14:27 la corazzata Vittorio Veneto intercettò un messaggio diretto ai cacciatorpediniere Vivaldi e Da Noli e per conoscenza al Comando delle forze navali da battaglia, in cui Supermarina ordinava di uscire dalle Bocche di Bonifacio e di attaccare tutto il naviglio tedesco avvistato fra la Sardegna e la Corsica; in seguito a questo messaggio alle 14:41 Bergamini ordinò alle proprie navi, che procedevano in linea di fila per la presenza dei campi minati navali un’accostata a un tempo per 180° a sinistra con rotta nord-ovest, (confermando così a Supermarina l’avvenuto cambiamento di rotta, e quindi la volontà di ubbidire agli ordini ricevuti di andare a Bona; smentendo che a Roma qualcuno, dubitava delle sue reali intenzioni). Il Roma passò dalla testa alla coda della formazione delle tre corazzate, si ridusse la velocità a 18 nodi e la flotta si allungò di molto, la meno indicata in caso di attacco aereo, ma era resa necessaria per ridurre i rischi di incappare in qualche mina.(1)”

 

Enigmi

 

 

(1) Anche in questo paragrafo, dove la semplicità degli eventi di una guerra pilotata a distanza, diventa complicata per gli alti comandi italiani. La persona dell’ammiraglio Bergamini spesso viene associata ad errori e sbagli di Supermarina; Il comandante in capo la flotta da battaglia pur

ottemperando con onore coscienza e amore per i suoi uomini e le navi,

viene considerato “ribelle” all’esecuzioni degli ordini imposti. Amari per un    comandante della flotta navale, che fino al giorno prima gli era stato chiesto anche l’estremo sacrificio, ed il giorno dopo gli s’impone di consegnare le navi agli ex nemici, per non farle cadere in mano degli ex alleati tedeschi troppe responsabilità, degli alti papaveri buoni solo a salvaguardare la propria posizione,  e chi doveva prenderle sono state scaricate sulle spalle dell’ammiraglio Carlo Bergamini. Questo a mio avviso il sacrificio della corazzata Roma e la perdita del Comandante in capo la flotta e dei suoi marinai.

Nella foto Arturo Catalano Gonzaga Duca di Cirella

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