Tenterò di  far comprendere meglio, dal mio personale punto di vista, a cosa è dovuta l’escalation di questa tipologia contrattuale.

Si è passati difatti da un utilizzo di nicchia, previsto dal Sig. Biagi “buonanima” per poche tipologie di lavoratori “svantaggiati” e per limitate attività, prevalentemente effettuate in ambito familiare (es. baby sitter, lavori domestici), ad un impiego generalizzato in termini di attività e di soggetti che possono effettuare questa particolare tipologia contrattuale, quasi stravolgendo l’idea iniziale del lavoro accessorio che aveva l’intenzione di far uscire dal nero alcune tipologie di lavoro (per appunto quelle utilizzate in ambito familiare) e nel contempo favorire alcuni soggetti particolarmente svantaggiati (es. disoccupati da oltre un anno) o che addirittura avevano smesso di cercare lavoro (es. casalinghe, disabili).

L’apertura generalizzata a tutti i lavoratori avviene nel 2008, con il Decreto Legge n. 112/2008 (governo Berlusconi) con i girotondi dei sindacati, mentre la possibilità di utilizzare il lavoro accessorio in tutte le attività lavorative avviene nel 2012 con la legge 92/2012 (governo Monti) con sindacati muti.

In definitiva, entrambi gli schieramenti politici (centro-destra e centro-sinistra) e i sindacati (pseudo-difensori) dei  lavoratori, pur partendo da interessi diversi, hanno “voluto” questo aumento esponenziale dei voucher che, solo nei primi 10 mesi del 2016, ha superato quota 121 milioni (un voucher corrisponde ad un’ora di prestazione). Probabilmente, secondo il mio personalissimo parere, uno dei motivi, che ha portato a questa escalation, è dato dal fatto che, paradossalmente, l’Istat considera, nel periodo preso a riferimento, “Occupati” anche quei soggetti che prestano la propria attività lavorativa per solo un’ora.

Morale della beffa: più “voucher” uguale “meno disoccupati”, almeno da un punto di vista statistico.

 

Luigi Errigo Consulente del Lavoro