di Gianluca Albanese – lentelocale.it

SIDERNO –  «Gli accertamenti posti  in  essere  dall’organo  ispettivo  hanno disvelato un quadro fattuale ancorato a  prassi  amministrative  poco trasparenti  ovvero  decisamente  illegittime,  che  denunciano   una obiettiva    sovraesposizione    dell’istituzione     locale     alle pregiudizievoli richieste di un ambiente connotato dalla pervasivita’ di consorterie di tipo mafioso».

E’ uno degli stralci più significativi degli allegati al decreto di scioglimento del consiglio comunale di Siderno e contestuale nomina della commissione straordinaria, dello scorso 9 di agosto, pubblicato oggi in Gazzetta ufficiale (Serie Generale n. 208 del 07/09/18).

Un atto ufficiale, per la verità, infarcito di “omissis” e che rende difficile l’individuazione dei soggetti presunti responsabili e delle specifiche condotte ascritte all’ex amministrazione comunale e all’apparato burocratico del Comune.

Tuttavia, proviamo a carpire alcuni dettagli riportando gli stralci principali del decreto e dei suoi allegati, in cui comunque si scrive a chiare lettere di un’amministrazione pesantemente condizionata dalle pressioni e dai condizionamenti della potente consorteria criminale dei Commisso, egemone in città e con radicamenti e addentellati in diverse parti del mondo, di affidamenti dei lavori a ditte e società raggiunte da interdittive antimafia della Prefettura di Reggio Calabria, dal mancato o tardivo accertamento della sussistenza di dette interdittive e del ricorso frequente ad affidamenti diretti nell’assegnazione dei lavori più importanti.

«Emblematiche in tal senso – è scritto nell’allegato del decreto di scioglimento –  sono  le  risultanze  di  una  recente operazione  di  polizia  giudiziaria  sfociata   nell’esecuzione   di provvedimenti di fermo di indiziati di delitto emessi  dalla  Procura della Repubblica di Roma e dalla Procura della Repubblica  di  Reggio Calabria in relazione  al  reato  di  associazione  di  tipo  mafioso finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti,  ricettazione e traffico di armi.  Piu’  nel  dettaglio,  nell’ambito  della  citata operazione di polizia giudiziaria e’ emerso da fonti di prova che, in vista  delle  consultazioni  amministrative  di   maggio   2015,   la

summenzionata ‘ndrina ha assicurato il proprio sostegno elettorale in favore di un soggetto candidatosi alla carica di consigliere comunale nella lista dell’attuale organo di vertice dell’ente e risultato  poi eletto con il  maggior  numero  di  preferenze  rispetto  agli altri candidati di quella lista».

Il sillogismo suggerirebbe di pensare che il candidato su cui si sarebbero concentrati l’impegno elettorale dei Commisso e il conseguente risultato favorevole delle urne, sarebbe l’ex capogruppo in consiglio comunale del Centro Democratico Giuseppe Figliomeni, eletto con 554 preferenze alle elezioni comunali del 31 maggio 2015.

Una consiliatura difficile, quella conclusasi anzitempo lo scorso 9 agosto, e in cui il consenso plebiscitario tributato a quella che si presentava come la coalizione di centrosinistra che candidava a sindaco Pietro Fuda non lasciava immaginare i tanti problemi che sono accaduti, nonostante nei mesi che precedettero il voto, il candidato in pectore del Pd a quelle che avrebbero dovuto essere le primarie di coalizione per designare il candidato sindaco (ovvero il medico Pierdomenico Mammì) fu oggetto di un’intimidazione, dopo la quale il professionista decise di ritirare la propria candidatura.

La difficile convivenza tra le varie anime della coalizione risultata eletta con maggioranza bulgara, portò ben presto alla fuoriuscita dalla maggioranza consiliare, del gruppo del Pd e di quello del Pci, oltre che del consigliere Vincenzo De Leo, eletto col Centro Democratico e successivamente transitato nella compagine di Forza Italia.

E, come si ricorderà, l’attentato a Mammì non fu l’unico.

Nella sua relazione, infatti, l’allegato al decreto di scioglimento aggiunge che  «In  tale   contesto,   il   prefetto   stigmatizza   le   minacce intimidatorie di cui sono stati destinatari, a  febbraio  2016  ed  a dicembre 2017, un consulente dell’ente e tre componenti il  consiglio comunale, uno dei quali – dimissionario nello stesso mese di dicembre 2017 – a febbraio dello scorso anno  aveva  anche  subito  l’incendio della propria autovettura.

Le  verifiche  espletate  in   sede   ispettiva   hanno   inoltre evidenziato la fitta rete di rapporti di parentela, di affinita’ e di frequentazione che legano diversi  membri  degli  organi  elettivi  e dell’apparato  burocratico  del  comune    alcuni  dei   quali   con pregiudizi penali – a  persone  controindicate  ovvero  ad  esponenti della ‘ndrangheta locale.

Al riguardo,  e’  ampiamente  riconosciuto  che  il  reticolo  di rapporti  e  collegamenti    tanto  piu’  rilevante  in  un   ambito territoriale notoriamente compromesso  dalla  radicata  ingerenza  di associazioni   malavitose   –   determina   un   quadro    indiziario significativo da cui  si  puo’  desumere  un  oggettivo  pericolo  di permeabilita’ ai condizionamenti o alle ingerenze della  criminalita’

organizzata, a fronte del quale si rendono necessarie  idonee  misure di prevenzione.

Gli esiti dell’accesso hanno  altresi’  messo  in  luce  elementi fattuali e vicende che confermano il predetto  quadro  indiziario  ed attestano uno sviamento dell’azione  amministrativa dell’istituzione locale a vantaggio degli interessi di ambienti controindicati».

Insomma, gli attentati intimidatori, per i quali, a oggi, non sono stati individuati i mandanti e gli esecutori, ai danni, tra gli altri, dell’attuale assessore al Bilancio della Regione Calabria Mariateresa Fragomeni e del suo compagno di partito Giorgio Ruso – è a lui che bruciarono la macchina – costituiscono per gli organi di governo, prove schiaccianti di un condizionamento mafioso dell’attività amministrativa, tali da motivare lo scioglimento del consiglio comunale.

Come dicevamo, inoltre, il lavoro della Commissione d’accesso agli atti dell’ente si è anche concentrata sull’affidamento degli incarichi di lavori pubblici.

«Con  riferimento  all’attivita’  gestionale   posta   in   essere dall’amministrazione  comunale,  il  prefetto  e  la  commissione  di indagine – si legge nelle carte – segnalano che nel settore dei contratti pubblici si e’ fatto ripetutamente   ricorso   al   metodo    dell’affidamento    diretto, all’artificioso  frazionamento  del  valore  degli  appalti  ed  alla

mancata o tardiva adozione delle determine a contrarre, in  contrasto con le disposizioni di legge  vigenti  in  materia  e  con  le  norme regolamentari dell’istituzione  locale.   Segnatamente,   e’   stato

accertato  l’omesso  espletamento  di  accertamenti antimafia   nei confronti delle ditte aggiudicatarie in violazione dell’art. 100  del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159».

«In particolare, dalla relazione  di  accesso  risulta  che  delle descritte  irregolarita’  ed  omissioni  ha  beneficiato  anche   una societa’ a cui il comune, nel 2016  e  nel  2017,  ha  reiteratamente

affidato lavori in via diretta ed in economia, pur essendo  stata  la stessa destinataria di un provvedimento interdittivo fin da  febbraio 2012.

    Una vicenda analoga  e’  stata  riscontrata  con  riferimento  ad un’altra ditta nei confronti della quale ad ottobre  2013  era  stata

adottata un’informativa interdittiva, la quale e’ risultata anch’essa piu’ volte affidataria nel 2016 e nel 2017 di forniture comunali,  in via diretta ed in economia.

    La commissione di indagine rimarca inoltre che con  determina  di luglio  2015,  a  seguito  di  un  procedimento  connotato  da  gravi

anomalie, i lavori di smaltimento dei fanghi prodotti dal trattamento delle acque  reflue  urbane  sono  stati  aggiudicati  ad  un’impresa destinataria di due interdittive antimafia emesse  rispettivamente  a

luglio 2009 e ad agosto 2016.

    Ulteriore vicenda sintomatica e’ quella relativa  alla  procedura per l’affidamento dell’incarico concernente l’elaborazione del  piano

comunale spiaggia, la cui importanza risulta evidente ai  fini  della salvaguardia e  della  corretta  gestione  del  patrimonio  demaniale

marittimo che, come sopra evidenziato, riveste un  valore  nevralgico nell’economia dell’ente. Al  riguardo,  l’attivita’  di  indagine  ha

messo in luce che nei confronti della societa’ aggiudicataria –  alla quale  l’incarico  era  stato  conferito  fin  da  dicembre  2016   

l’amministrazione comunale ha provveduto  a  richiedere,  soltanto  a gennaio 2018 e  quindi  ad  accesso  gia’  in  corso,  le  prescritte informazioni antimafia, ancora una volta in violazione del richiamato art. 100 del decreto legislativo n. 159 del 2011 ed in contrasto  con le cautele che sarebbe necessario adottare a tutela  della  legalita’ in un contesto ambientale  in  cui  e’  consolidata  la  presenza  di sodalizi criminali».

E ce n’è anche per il centro polifunzionale.

«Sempre con riferimento al  settore  dei  contratti  pubblici,  il prefetto sottolinea che il presidente di un’associazione locale    a cui il comune ha affidato in concessione la gestione di  un  impianto

sportivo a decorrere da settembre 2003 – annovera frequentazioni  con affiliati alla ‘ndrina radicata nel territorio. In proposito,  assume rilevanza emblematica la circostanza che l’impianto in  questione  al

tempo  dell’accesso  risultava  di   fatto   gestito   dalla   citata associazione, pur avendo l’amministrazione comunale proceduto – nello

scorso mese di febbraio – alla revoca del  contratto  di  concessione per morosita’ nel pagamento dei canoni».

Inoltre, come avvenuto in occasione dello scioglimento del consiglio comunale della vicina Marina di Gioiosa, anche a Siderno, nel mirino della commissione d’accesso ci sono le concessioni demaniali e gli stabilimenti balneari, rinnovate dall’amministrazione comunale in attesa delle risultanze delle richieste di informazioni inoltrate in Prefettura.

«In ordine  al  settore  delle  concessioni  demaniali  marittime, l’organo ispettivo – è scritto nell’allegato alla relazione – pone  in  rilievo  che  dal  2015  a  luglio  2017 l’amministrazione comunale ha  adottato  numerosi  provvedimenti  di rinnovo di pregressi titoli abilitativi, condizionandone  l’efficacia alle risultanze delle richieste di informazioni  antimafia  inoltrate alla prefettura di’ Reggio Calabria. E’ stato peraltro acclarato  che uno dei soci di un’impresa concessionaria e’  stretto  affine  di  un

personaggio  apicale  della  consorteria  localmente  dominante.  Gli accertamenti esperiti  hanno  anche  messo  in  luce  i  rapporti  di affinita’ esistenti tra alcuni esponenti di famiglie malavitose ed  i legali rappresentanti di altre due societa’ titolari  di  concessioni demaniali  marittime,  destinatarie  –     febbraio   2017   –   di certificazione   interdittiva   antimafia   emessa   dalla   predetta prefettura».

Un ultimo rilievo viene mosso sull’utilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata.

«In quel contesto  rileva  inoltre  la  circostanza  che,  sebbene diversi beni confiscati alla  criminalita’  organizzata  siano  stati

trasferiti, all’esito delle prescritte procedure di assegnazione,  al patrimonio indisponibile  dell’ente  per  finalita’  istituzionali  o sociali ai sensi dell’art. 48,  comma  3,  lettera  c),  del  decreto

legislativo n. 159 del  2011,  a  tutt’oggi,  nessuno  di  quei  beni risulta utilizzato per le citate finalita’».

Fin qui gli stralci più significativi del decreto di scioglimento e dei suoi allegati, che è possibile leggere integralmente consultando il seguente link:

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2018-09-07&atto.codiceRedazionale=18A05797&elenco30giorni=true

Si ricorda altresì che l’ex sindaco Pietro Fuda, in sede di conferenza stampa tenuta pochi giorni dopo lo scioglimento dell’Ente, aveva promesso che avrebbe fatto richiesta di accesso agli atti, e che si sarebbe adoperato per la pubblicazione integrale dell’atto, depurata dagli omissis.