Aristide Bava

Anche il Consiglio di Stato, dopo la decisione del Tar, in sede di appello, ha respinto il ricorso degli ex amministratori di Siderno a guida Pietro Fuda… I giudici della Terza sezione hanno evidenziato che: la sentenza del Tar Lazio non era viziata, come hanno affermato gli appellanti, per manifesta illogicità, «dovendo gli elementi posti a sostegno del provvedimento dissolutorio essere valutati nell’ottica del diritto della prevenzione cui la misura dell’art. 143 cit., per sua stessa finalità anticipatoria, appartiene e non già secondo il criterio della certezza raggiunta oltre ogni ragionevole dubbio, propria dell’accertamento penale». «Il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale – rilevano sul merito i magistrati – non ha finalità repressive nei confronti di singoli, ma di salvaguardia dell’amministrazione pubblica, di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata. Nella relazione prefettizia – si legge ancora – si fa altresì riferimento agli atti di intimidazione posti in essere a carico di esponenti del Partito democratico, in particolare a danno di Pierdomenico Mammì, che ha poi rinunciato alla candidatura alla carica di sindaco, e di Giorgio Ruso, eletto nella lista a sostegno del sindaco Pietro Fuda, ma poi passato all’opposizione e dopo allora destinatario di un atto di intimidazione con l’incendio dell’auto all’interno della sua proprietà. Tali episodi dimostrano che la criminalità organizzata locale era attenta alla vita politica e ostile alla (sola) opposizione». «Il Collegio ritiene sufficienti tutti gli elementi sopra descritti a supportare il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Siderno – si legge – dovendo concludersi che è logico attribuire ad essi un disvalore sintomatico idoneo ad integrare i presupposti richiesti».

In definitiva: «Rileva il Collegio che gli stessi sono da soli sufficienti a supportare la decisione di applicare la misura di rigore prevista dall’art. 143, t.u. n. 267 del 2000, rappresentando lo scioglimento del Consiglio comunale la risultante di una complessiva valutazione il cui asse portante è – come si è già detto – costituito, da un lato, dall’accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata; dall’altro, dalla carente funzionalità dell’ente in uno o più settori, sensibili agli interessi della criminalità organizzata, ovvero da una situazione di grave e perdurante pregiudizio per la sicurezza pubblica. Il che, secondo la sentenza, legittima l’intervento statale finalizzato al ripristino della legalità ed al recupero della struttura pubblica ai propri fini istituzionali.