Si è tenuto stamattina, convocato per le ore 9,30, Il Consiglio comunale di Siderno.

Proprio così, il consiglio comunale più importante dell’anno di un comune, la seduta cioè nella quale si discute il Documento Unico di Programmazione e l’approvazione del Bilancio di previsione per il biennio successivo, è stata fissata in un lunedì mattina, cioè nel pieno di una giornata lavorativa!

Con buona pace di quella politica che vorrebbe vedere il cittadino coinvolto e partecipe alla vita amministrativa del comune e di quel palazzo di vetro che in campagna elettorale, la compagine che ha vinto le elezioni, diceva di voler crere come simbolo e pratica di amministrazione trasparente.

Ho ascoltato la registrazione della seduta consiliare con molta attenzione, cercando di leggere nella relazione dell’assessore al ramo e in qualche flebile intervento della maggioranza, apparso come una superficiale difesa d’ufficio per nulla convinta né tanto meno approfondita, quale progetto questa amministrazione abbia per Siderno.

Pur sforzandomi, non ho neppure intravisto un barlume di quella Siderno del futuro tanto strombazzata nei cosiddetti tour d’ascolto e in tutte le altre comparsate.

Ho intravisto invece un modus operandi rispondente ad esigenze di cassa, come evidenziato dal consigliere Sorace, che non tengono in alcun conto dei bisogni delle categorie meno abbienti, che non parla di ambiente, che non si preoccupa dei servizi, che non si occupa di turismo, salvo a ripetere come un mantra, che la nostra è una cittadina a vocazione turistica…

Turismo con i cumuli di spazzatura per le strade, i marciapiedi dissestati invasi dalle erbacce, le strade colabrodo?
Come qualcuno, poi finito nell’oblio, andava predicando alla vigilia della presentazione delle liste per la competizione elettorale, Siderno ha bisogno di una visione.

Nel Documento Unico di Programmazione e nel Bilancio di previsione oggi licenziati con il voto favorevole della sola maggioranza, non c’è ombra di una visione, né di una idea per il futuro della nostra città.

Antonella Avellis