R. e P.

Le criticità dell’Azienda Sanitaria Reggina sono risapute con disavanzi e bilanci fantasma ma in questi ultimi anni dopo la nomina della Dott.ssa Di Furia nel maggio del 2022 a Commissario straordinario e conseguentemente a Direttore Generale    con atto del 07/06/2023 sembra che ci sia stata un’inversione di tendenza. Con uno stanziamento di 19 milioni di euro per il 2025 fa ben sperare a una collocazione della regione Calabria fuori dal commissariamento per quanto riguarda la sanità Reggina, però come ogni percorso le insidie non mancano. Tutto si rifà al diritto di vedersi riconosciuto ad ogni lavoratore un buono pasto, in virtù del fatto che sulla provincia di Reggio Calabria il servizio mensa non è presente dovrebbe essere più attenzionato invece accade l’inverosimile. Per quanto riguarda i buoni pasto dal 2016 al 2022 si è arrivati ad un accordo con l’Azienda Sanitaria di congelare ogni procedura di recupero dei buoni con atto ingiuntivo saldando con una tantum tutto l’arretrato. Per il 2023 si è proceduto ad accreditarli ma con diverse inesattezze, già a fine 2024 c’era diffuso un comunicato stampa con i vari allegati del regolamento applicato nel CCNL della Sanità riguardante il numero, l’importo e la fruizione dei buoni pasto. Fatto stante con l’entrata del 2025 l’Azienda ha provveduto prima ad accreditare i buoni per l ‘anno 2024 e poi successivamente ad annullare l’operazione creando scompiglio tra i dipendenti.

I punti sono almeno tre:

Andando a ritroso e rimarcando l’art 3 del regolamento si constata che il dipendente per usufruire il buono deve aver maturato insieme alla pausa pranzo stabilita a 30 minuti un monte ore di 7 ore, quando nell’ attuale provincia di Reggio Calabria non c’è servizio mensa presso il nosocomio stesso.

Svolgendo il lavoro su 3 turni almeno per quanto riguarda il comparto, in un mese di lavoro dovrebbero essere riconosciuti mediamente ben 20 buoni pasto, dato che ogni presenza corrisponde ad un buono, c’è sentenza che ha creato un precedente nella Regione Sardegna nell’ Azienda Sanitaria di Cagliari.

In relazione alla disciplina gli articoli 45 e 46 del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del 14 settembre 2000, riguardanti i buoni pasto, stabiliscono che il costo dei buoni pasto è ripartito tra l’ente datore di lavoro e il dipendente. In particolare, i 2/3 del costo sono a carico dell’ente, mentre il restante 1/3 è a carico del dipendente. Il valore nominale del buono pasto può variare, ma in genere si aggira tra i 5 e i 10 euro, anche se il valore massimo esentasse per i buoni cartacei è di 4 euro al giorno. I buoni pasto elettronici possono arrivare fino a 8 euro al giorno senza tassazione.

Quindi parliamo di 25 anni fa, ad oggi l’ aumento generale dei prezzi è arrivato alle stelle, non possiamo ritenere che un buono pasto che sostituisce il sevizio mensa sia equiparato a 5,16 , l’ ente preposto dovrebbe tenere conto di queste inesattezze  e adeguarsi alla normativa nazionale facendo anche un’ indagine di mercato e controllare quanto un ristoratore paghi per offrire un servizio mensa a un lavoratore che non avendo la possibilità di poter pranzare utilizza i buoni per l’ acquisto di alimentari.

Si conclude auspicando che l’azienda faccia un mea culpa e intervenga a risanare la problematica sui buoni pasto e tutti gli annessi. Nella more i dipendenti non escludono una misura legale a breve termine per far ristabilire i diritti negati.

SI COBAS  CALABRIA