Pena ridotta in appello per l’ex parlamentare di Forza Italia e avvocato penalista Giancarlo Pittelli nel processo Rinascita-Scott contro le cosche di ’ndrangheta del Vibonese. La Corte d’appello di Catanzaro, riunita nell’aula bunker di Lamezia Terme, ha rideterminato la condanna a 7 anni e 8 mesi di reclusione, rispetto agli 11 anni inflitti in primo grado, per i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e due episodi di rivelazione di segreto d’ufficio.

Il dispositivo della sentenza è ancora in corso di lettura, ma intanto emergono decisioni rilevanti anche per altri imputati di primo piano. I giudici hanno infatti ridotto la pena per il tenente colonnello dei carabinieri Giorgio Naselli, accusato di rivelazione di segreto d’ufficio, da 2 anni e 6 mesi a 2 anni, con pena sospesa.

Per quanto riguarda la posizione di Michele Marinaro, ex finanziere in servizio alla Dia di Catanzaro e successivamente alle dipendenze della Presidenza del Consiglio nella sede di Reggio Calabria, condannato in primo grado a 10 anni e 6 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa e rivelazione di segreto d’ufficio, la Corte d’appello ha dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato di rivelazione di segreto d’ufficio, nel quale era stato riqualificato il contestato concorso esterno.

Arriva invece l’assoluzione per Pietro Giamborino, ex consigliere regionale del Partito Democratico, che in primo grado era stato condannato a 1 anno e 6 mesi per traffico di influenze illecite.

Sul fronte dei vertici delle cosche, la Corte ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per Luigi Mancuso, ritenuto il capo dell’omonimo clan di Limbadi. Riduzione di pena, invece, per Domenico Bonavota, indicato come boss di Sant’Onofrio, condannato a 23 anni e 6 mesi, e per Saverio Razionale, ritenuto a capo del gruppo di San Gregorio d’Ippona, condannato a 21 anni. Entrambi, in primo grado, erano stati condannati a 30 anni.

Il giudizio d’appello segna dunque una significativa rimodulazione di alcune condanne nel maxiprocesso simbolo della lotta alla ’ndrangheta vibonese, mentre si attendono le motivazioni della sentenza per comprendere nel dettaglio le ragioni delle decisioni assunte dalla Corte.

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