di Francesco Marrapodi

Immaginate un luogo sospeso nel tempo, dove la polvere dei secoli si mischia con i sogni di un mondo che sembra essersi dimenticato della frenesia del presente. Sant’Agata del Bianco, un angolo incantato nel cuore dell’Aspromonte, è un borgo che non ha bisogno di parole per raccontare la propria leggenda. Ogni pietra, ogni vicolo, ogni angolo nascosto è un racconto che sfida le leggi del tempo.

Nel labirinto di stradine e cortili, tra tramezzi e parapetti che sembrano sfidare la gravità, il paese rivela una magia che si tramuta in arte. Qui, dove i suoni sono frammenti lontani e i profumi sono quasi irreali, l’essenza stessa del borgo sembra risvegliarsi ogni giorno. Il tempo non ha fretta di passare: è come se si fosse fermato, quasi a volersi inchinare al continuo intreccio di storie e leggende che si sono forgiati in secoli di vita. È in questo spazio senza albe e senza tramonti che l’arte esplode in una sinfonia di forme e colori, un’opera viva che respira tra le mani degli artisti.

E non è una mera straordinarietà quella che Sant’Agata del Bianco custodisce: è la straordinarietà delle straordinarietà. Qui, tra le creazioni di artisti che scrivono con la pietra, il ferro, e la tela, l’anima del borgo rivive continuamente e si rinnova, una volta dopo l’altra, al cospetto di tutti, dai più giovani ai più anziani, da chi vi è nato a chi vi arriva per la prima volta.

Un’arte che si svela in ogni angolo: dai murales vibranti di Sposari e Antonio Zappia, che colorano le pareti e raccontano storie senza parole, alle magnifiche sculture in ferro di Antonio Scarfone e quelle in cemento di altri maestri locali. Non è solo un’espressione estetica, ma una vera e propria riflessione sulla vita, sull’evoluzione di un piccolo mondo che, pur rimanendo ancorato alle sue radici, si proietta verso il futuro.

Ma la magia non finisce qui. Il borgo custodisce due musei, scrigni di memoria e passione: il Museo delle cose perdute, curato da Antonio Scarfone, dove oggetti antichi, una volta utilizzati nella vita quotidiana, ritrovano una nuova dignità, diventando testimonianze di un passato che ancora vive nelle vene di questo paese. E poi, il Museo degli artisti santagatesi, che raccoglie le opere di Fàbon, Alba Dieni, Stefano Germanò, Antonio Scarfone, Vincenzo Baldissarro, Antonio Zappia, Vincenzo Scarfone e Antonio Melina, ognuna di esse un frammento di un’epoca che resiste all’oblio.

C’è poi la casa di Saverio Strati, che, trasformata in un piccolo tempio della memoria, racconta la carriera letteraria di uno degli scrittori più illustri che Sant’Agata ha dato al mondo, e le radici profonde della sua infanzia che ancora oggi nutrono la sua arte.

A pochi passi, in contrada Iemallo, nelle selvagge terre di Cernico, l’arte scultorea di Vincenzo Baldissarro si erge come una delle meraviglie più sorprendenti della Calabria. Le sue opere scolpite nella roccia, trasportano chi le osserva in un regno mitologico, dove le emozioni diventano pietra e la fantasia si fa realtà. Il suo scalpello e martello, strumenti di una magia antica, hanno dato vita a capolavori che, come eterni guardiani, raccontano la storia di un luogo dove mito e quotidianità si abbracciano, rendendo immortale l’impronta dell’uomo sulla terra.

E infine, come un’onda sonora che accarezza ogni cuore, la musica di Romano Scarfone riecheggia in tutto il paese. Le sue note folk, intonate con passione, portano gioia e allegria, unendo le persone in un’armonia senza tempo. La sua voce, vibrante di storia e di tradizione, è una colonna sonora che arricchisce ogni angolo di Sant’Agata, un inno alla bellezza di un piccolo paese che sa come celebrare la propria cultura.
Sant’Agata del Bianco non è solo un luogo: è un viaggio nell’anima della Calabria, un pellegrinaggio tra arte, storia e folklore che sfida il tempo e fa vibrare il cuore di chi ha la fortuna di percorrere le sue strade. Un luogo che, con il suo incanto senza pari, riesce a placare la sete degli appassionati di arte e cultura, offrendo loro non solo una visione, ma un’esperienza che trascende il semplice vedere, per diventare un’esperienza da vivere.