di Francesco Marrapodi
In Calabria, dove la sanità è stata a lungo sinonimo di disservizi e promesse disattese, qualcosa – finalmente – si muove; e lo fa con decisione. Da una terra stremata da anni di inefficienze e carenze, arriva un segnale che ha il sapore della rinascita. A scatenare il dibattito non sono solo i numeri o i risultati, è la presenza dei medici cubani: angeli in camice bianco venuti da oltre oceano. La domanda che sorge spontanea è la seguente: si tratta di una soluzione virtuosa o di un atto di resa?
Intanto, i nostri medici – quelli formati nelle università italiane, spesso con grandi sacrifici – continuano a fuggire all’estero. Lì trovano ciò che il nostro Paese fatica a offrire: stipendi più alti, carichi di lavoro più umani, diritti basilari come tredicesima, ferie pagate e persino l’assistenza sanitaria completa. Una fuga silenziosa, ma inesorabile, che coinvolge l’intero apparato sanitario nazionale. E mentre nel resto d’Italia si consuma questo dramma, in Calabria, il Presidente della Regione Roberto Occhiuto, apre le porte ai medici cubani. Questi medici, pur lontani da casa, stanno fornendo alla Calabria non solo la loro eccellenza medica (la medicina cubana è tra le prime al mondo), le loro indiscusse competenze, ma anche la loro umanità. E non è forse questo ciò che abbiamo sempre chiesto? Non è forse questo quello di cui avevamo bisogno?
Prendiamo ad esempio l’ospedale di Locri, e più precisamente il reparto di ortopedia (con cui ho avuto a che fare personalmente), professionisti cubani, curando i pazienti con efficacia, empatia e dedizione, hanno dimostrato la loro efficacia in campo medico trasmettendo quel senso di sicurezza come nessuno era riuscito a fare finora. Professionisti preparati, seri, concreti, responsabili.
Allora verrebbe quasi da dire che, per la prima volta, dopo anni di attese estenuanti e illusioni politiche, il sistema sanitario calabrese dà segni di vita. Per questo credo con tutto me stesso che sia giusto mettere da parte il momento delle polemiche, per dare spazio a quello della responsabilità. Dobbiamo riconoscere che la sanità da noi sta cambiando e in meglio. La sanità calabrese può risorgere. E magari lo farà con un accento diverso, ma con risultati finalmente reali. Basta con le accuse gratuite: ciò che più conta per noi è che i pazienti, oggi, siano finalmente ed effettivamente curati.