Roccella Jonica vanta una lunga e radicata tradizione nella rappresentazione delle opere sacre, un patrimonio culturale che ha attraversato i decenni e che, ancora oggi, vive nella memoria degli anziani del paese. Non è raro incontrare chi ricorda a memoria i versi dell’opera sacra che veniva messa in scena in occasione della Pasqua, segno tangibile di un legame profondo tra il teatro religioso e la comunità locale.

Già nei primi anni del Novecento, e probabilmente anche prima, l’opera sacra veniva rappresentata in ambienti di fortuna — spesso grandi stanzoni — data l’assenza di teatri adeguati. Si trattava di eventi sentiti e partecipati, capaci di coinvolgere emotivamente intere famiglie e generazioni. Solo in tempi più recenti si è potuto dare un nome e un autore precisi a questo testo: Il riscatto di Adamo nella morte di Gesù Cristo, opera di Filippo Orioles, drammaturgo e religioso palermitano vissuto nel Settecento.

La scoperta delle origini dell’opera avvenne quasi per caso. In un pomeriggio d’estate, ascoltando una vecchia registrazione dell’opera eseguita dalla compagnia teatrale Anphisia di Roccella dei fratelli Candido, un turista siciliano — proveniente da Delia, in provincia di Caltanissetta — riconobbe i versi. Fu lui a rivelare che il testo era conosciuto anche nel suo paese natale, Delia, località vicina a Mazzarino, feudo dei principi Carafa, gli stessi che storicamente ebbero legami con Roccella. Da qui l’ipotesi, suggestiva ma non verificata, che l’opera sia giunta in Calabria proprio al seguito della nobile famiglia.

Durante gli anni Settanta e Ottanta, Roccella fu punto di riferimento per queste rappresentazioni. I fratelli Candido portarono in scena l’opera all’aperto, coinvolgendo un ampio cast di attori locali. Considerata la scarsa disponibilità di mezzi tecnici dell’epoca, si decise di registrare lo spettacolo e di proporlo in playback, per garantire una qualità sonora migliore. Fu un successo. L’iniziativa venne ripetuta negli anni successivi, fino allo scioglimento della compagnia.

Nel 1988, l’eredità teatrale fu raccolta dall’Associazione Teatrale Roccella Jonica, che riprese l’opera con nuove voci e rinnovato entusiasmo, portandola in tournée nei paesi del comprensorio. Anche in questo caso si mantenne la formula del playback, che all’epoca rappresentava ancora una soluzione accettabile per superare le carenze foniche. Negli anni Novanta, nonostante l’evoluzione tecnologica ancora agli inizi, lo spettacolo riscosse notevoli consensi e si consolidò come appuntamento fisso della tradizione pasquale.

Col passare del tempo, tuttavia, la scena teatrale sacra si è evoluta. In molte località calabresi, le rappresentazioni avvengono oggi in diretta, grazie a tecnologie moderne che permettono una resa scenica e sonora superiore. A Roccella, al contrario, l’ostinazione nel mantenere il formato del playback — ormai obsoleto — ha lentamente offuscato quel ruolo di leadership che il paese aveva conquistato.

Oggi il rischio è quello di perdere una tradizione preziosa, non per mancanza di passione o di talento, ma per la mancata volontà di rinnovarsi. Tuttavia, la storia, la memoria collettiva e il valore culturale di questa sacra rappresentazione rappresentano ancora un patrimonio vivo e recuperabile. Basta solo guardare al passato con rispetto, ma anche al futuro con coraggio e visione.

Pino Carella