In questo momento di crisi sanitaria dovuta alla “pandemia da Covid-19” non c’è tempo per aspettare che Altri, comodamente, si diano da fare per fronteggiare le conseguenze “drammatiche” che deriveranno, inevitabilmente, dalla diffusione del virus più conosciuto al mondo, a memoria d’uomo.

La pericolosità del virus Covid-19 non è dovuta solo alle morti che sta provocando quotidianamente da oltre un mese, in maniera assolutamente disomogenea sul territorio nazionale italiano, da quando è stata proclamata la “pandemia” (dal greco pan-demos, cioè tutto il popolo), ma ancora più pericolosa sarà la “catastrofe economica” nazionale che ne conseguirà e “le morti di tante attività che quotidianamente, per mesi e mesi ancora, provocherà”.
Il mio pensiero non vuole essere una “pazza esternazione di uno che non ne capisce niente”, anzi il mio punto di vista, meditato, valutato e analizzato ampiamente vuole essere uno sprono, una lente di ingrandimento, un ausilio per chi dovrà, al più presto, mettere mano alla soluzione per evitare che la “catastrofe” succeda.
Se non si riparte da subito ad aprire i “cancelli della produzione differenziata” tenendo conto della “realtà culturale-sanitaria-socio-economica-politica” che sta investendo l’Italia tutta, inevitabilmente tutta l’Italia affonderà in uno stato di “miseria”.
L’economia, come pure l’aspetto socio-culturale del nostro paese è “segmentata”, non è lineare da Nord a Sud, per cui le esigenze dei due territori sono diversificate.
Il Sud nella sua difficoltà economica, che patisce da data immemorabile, si trova in una posizione di vantaggio perché non “soffre del benessere” dovuto alle tante industrie, all’afflusso di milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo, agli aeroporti e alla stazioni ferroviarie sempre affollatissime, alle centinaia e centinaia di metropolitane in cui viaggiano, minuto dopo minuto, migliaia e migliaia di lavoratori, studenti, turisti, commessi e professionisti.
La realtà del Sud e in particolare quella del “vero Sud” è quella di “arrangiarsi”, “cercare espedienti”, “creatività”, “arrabattarsi”, “privarsi del superfluo”, “sudare per arrivare a fine giornata”, fare i conti con le privazioni per crescere i figli e farli studiare.
Il contagio del virus Covid-19 che c’è stato al Nord non si è avuto al Sud perché “il vivere” dei due territori non è lo stesso, e non lo è per le motivazioni che ho sopra esposto e a cui non ci possiamo sottrarre.
Ora dico alla classe politica e a tutti gli amministratori della Calabria e della Campania in primis, perché la gente, la brava gente che si dà da fare per arrivare a fine giornata, che si priva di tutto per crescere i figli e farli studiare, la gente che “non soffre del benessere” perché è venuta al mondo alla latitudine svantaggiata economicamente, ma oggi avvantaggiata nei confronti della contagiosità del Covid-19, ripeto, perché deve “soffrire” degli stessi limiti per la produttività, legittimamente imposta al Nord, per ragione di contagio dovuto alla promiscuità e al grande flusso di persone che si spostano con ogni mezzo di trasporto pubblico e privato?
E’ necessario, per evitare la “catastrofe socio-economica” della Calabria e della Campania, regioni a me care, ma anche le altre regioni del Sud, che si rivedano, subito, i limiti imposti e si dia la “libertà” di esercitare tutte quelle attività economiche protette e non protette da “paracadute” economico-sociale che certamente non servirà a evitare la “catastrofe” annunciata.
Si dia mandato rigoroso per il rispetto di indossare le mascherine, sugli stretti contatti fisici, aumentare a dismisura i controlli per tutte le persone delle “vere zone rosse”, praticare i tamponi per quanti lo necessitano e fare campagna di divulgazione delle norme igienico-sanitarie antivirale.
Ma, più di ogni altra cosa riaprire i “cancelli di tutte le attività produttive” della gente del Sud che vive del lavoro onesto dell’arrangiarsi e del darsi da fare per “sopravvivere”: venditori ambulanti, piccoli artigiani, piccoli negozianti, ludoteche, barbieri, muratori, idraulici, meccanici, estetiste, chioschi, ecc. e, tutta quella brava gente che, per sopravvivere, ha dovuto sempre lavorare “in nero”, ma che dal mio punto di vista merita oro, tanto oro, per la forza, la tenacia, il sacrificio, le privazioni e l’umiltà di crescere i figli sperando, per loro, in un futuro migliore.Salvatore Borrelli

Fonte Reggio tv.it