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Ricordate il “bollitore”? Quel contenitore d’acciaio che appariva in cucina come un presagio di sventura? Dentro c’erano le siringhe di vetro, sterilizzate nell’acqua bollente come spade magiche… pronte a infilzare l’innocenza dei bambini.
E l’ago? Un chiodo arrugginito? No, peggio: un ago grosso, smontabile, che sembrava uscito da un laboratorio di Frankenstein. Una volta estratta dal bollitore (con pinze da cucina o con le mani protette da un tovagliolo, perché ovviamente bruciava), arrivava il momento più temuto: l’inserimento dell’ago. E non parliamo di quegli aghi sottili e affilati di oggi. No. Parliamo di aghi che sembravano punte di lancia, grossi, robusti, progettati per perforare non solo la pelle, ma anche il tuo senso di sicurezza. Spesso venivano spediti in scatole blu con scritto “Indolore” — una bugia dolcissima.
E poi… puff …la puntura! Un colpo secco. Un dolore acuto che ti faceva saltare come una molla. Ma non era solo il dolore. Era la consapevolezza che avevi appena subito un attacco di un oggetto che sembrava uscito da un film di fantascienza. Un tubo di vetro con un ago di metallo, tenuto insieme da una mano umana. Che romanticismo.
Oggi le siringhe sono sottili, sterili, quasi invisibili. I bambini non piangono più… noi sì, per nostalgia (e per il trauma).