R. e P.
Nel cuore dell’Aspromonte, in un territorio tanto affascinante quanto complesso, si sta consumando in questi giorni una delle tante ingiustizie silenziose che purtroppo continuano a colpire i nostri giovani. La squadra di calcio di San Luca, militante nel campionato di Eccellenza, potrebbe essere costretta a ritirare le formazioni Juniores e Giovanissimi dai rispettivi tornei a causa della chiusura improvvisa dell’unico campo sportivo disponibile. Una chiusura dovuta alla scadenza del certificato di agibilità comunicata dalla società che gestisce l’impianto su disposizione del Comune.
Al di là delle pastoie burocratiche, delle responsabilità amministrative e delle carte non aggiornate, il risultato concreto è che oltre 50 ragazzi del comprensorio rischiano di vedersi sottrarre l’unica attività sportiva organizzata presente sul territorio. Un colpo durissimo per una comunità che vive già da anni ai margini, priva di molte delle opportunità che altrove si danno per scontate.
Ma ciò che più fa male, in questa vicenda, è il silenzio. Il silenzio degli “Uffici competenti”. Il silenzio della politica locale. Il silenzio, soprattutto, della politica regionale e nazionale, che continua a ignorare luoghi simbolici come San Luca, che nel bene e nel male raccontano una parte profonda dell’identità calabrese. Un silenzio che pesa come un macigno, che divide chi amministra da chi vive davvero questi territori, da chi lotta ogni giorno per offrire ai propri figli una vita diversa, fondata su valori positivi e sull’inclusione.
Lo sport, in contesti come questo, non è un semplice passatempo. È molto di più. È presidio sociale, è strumento di aggregazione e formazione, è il più potente antidoto contro le devianze, l’abbandono scolastico, la microcriminalità. Quando viene a mancare l’unico campo da gioco, non si nega solo la possibilità di tirare calci a un pallone: si nega un pezzo di futuro, si spezza un legame di coesione, si rinuncia a educare cittadini responsabili e consapevoli.
Per questo, oggi, è necessario alzare la voce. Non si può più restare a guardare. Non possiamo continuare ad abbandonare i giovani nelle mani dell’indifferenza. Serve un impegno reale, concreto, duraturo. Serve che le istituzioni ascoltino, rispondano e agiscano.
Da parte mia, non intendo sottrarmi a questa battaglia. Come ho sempre fatto, con determinazione e senso di responsabilità, continuerò a impegnarmi in prima persona per il bene del territorio e dei nostri ragazzi, affinché nessun giovane venga più lasciato indietro. San Luca non deve diventare un altro simbolo dell’abbandono, ma può – e deve – diventare un esempio di riscatto e speranza.
Lo sport non può e non deve morire. Non in Calabria. Non oggi. Non così.
Amedeo Di Tillo
Vicepresidente nazionale CSAIn