di Gianpiero Taverniti

Quando festeggiare una festa importante come il primo maggio, si raddoppia nel suo significato, vuol dire essere all’estero a contatto con tanti emigranti italiani che hanno raggiunto la verde Germania nel dopoguerra adattandosi a svolgere qualsiasi lavoro, dopo essere partiti con la classica valigia di cartone ( i più fortunati) o con la busta di cartone Italcementi che nel viaggio della speranza e della dignità, conteneva un pezzo di formaggio, qualche soppressata o un pugno di olive nere secche che bastavano per sfamarsi nel lungo viaggio.

Una festa dei lavoratori, nella precarietà economica, nell’ incertezza e nell’ insicurezza sui cantieri, la dice lunga nell’ entusiasmo di essere festeggiata. Si può morire per il lavoro? È vergognoso che in questa fase storica dove si sbandiera sicurezza e dove si spendono soldoni per i vari DPI, tanti lavoratori possano perire lasciando la loro vita. Quesiti che anche qui in Germania in tanti si pongono e dove i dpi esistono ancor prima di noi. Trascorrere una festa dei lavoratori con un gruppo di emigranti provenienti dalla Sicilia, dalla Calabria e dalla Campania, condividendo tra una fetta di soppressata, uno spicchio di pizza o un tradizionale bratwurst, ascoltando i ricordi dei nostri fratelli italiani, deve farci riflettere. Si partiva in treno, obbligatoria seconda o terza classe, sedili in legno, si arrivava alla stazione centrale di Frankfurt am Main, treni carichi e ci si riconosceva dal nostro modo di vestirci, dai nostri bagagli e dai nostri occhi malinconici per aver lasciato la terra natia e allo stesso tempo decisi nel voler cercare la doverosa dignità che solo il lavoro duro e il sudore ci avrebbero donato.

Racconti preziosi di tanti veri italiani che a volte abitando in delle vere baracche e non avendo aiuto alcuno, per mangiare a volte andavano negli immensi parchi a cacciare lepri e a volte qualche fagiano o cigno. Ora stanno bene, qualcuno è in pensione, i loro figli e nipoti, seguendo la strada della famiglia rimangono legati, rispettando il prossimo, pagando le tasse e lavorando sodo, hanno palesemente riconosciuto quanto di straordinario fatto dai loro genitori, il tutto “farcito” di dignità e onestà, donando lustro a tutto il sud , senza mai infangare le proprie origini e non facendo mai seccare le proprie nobili radici. Un regalo prezioso aver potuto vivere il Primo Maggio all’ estero, con delle grandi persone che non rinnegano mai le loro origini e patria, ma sommessamente esternano che sovente di loro non ci si ricorda mai tranne che in qualche occasione di voto in Italia, quando le arriva la tessera elettorale e la comunicazione delle elezioni.

Auf Wiedersehen e grazie per questo splendido primo maggio che grazie a voi è stato il più importante e più profondo della mia vita e che spero possa essere utile per aprire gli occhi a chi offre lavoro e non offre sicurezza o verso chi sfrutta le persone come nel dopoguerra, visto che per chi non lo sapesse le persone hanno dignità, onestà e in questo ambito estero come in tantissimi altri, per conquistare questi tesori morali e umani, hanno dovuto sacrificarsi dovendo lasciare tutto, oscurando i loro affetti, rimuovendo le loro abitudini, ma non dimenticando mai le loro origini contadine, visto che nel giardino della festa odierna, in una serra, domina una piccola ma grande pianta d’ ulivo.