Arriva la vera estate, il sole cocente, la terra comincia a regalarci prodotti di qualità, frutto del lavoro di tanti contadini, di filiere e di piccoli produttori che piantandone si preparano le delizie in conserva sott’olio per prossimo inverno. Che dire, sua Maestà Pomodoro, è sulla cresta dell’onda delle bontà e prelibatezze alla quale il calabrese d.o.c. non intende privarsene.

 

Dopo aver visitato qualche orto-bio nel catanzarese jonico ed aver ascoltato qualche contadino che produce senza uso di pesticidi , ogni ortaggio e frutto, non possiamo che non raccontare una delle tipicità regionali , tradizionali che ogni anno viene accuratamente tramandata. Tratteremo una ricetta, un ‘usanza indelebile e che si tramanda, anche con i giovanissimi, che li gustano in grande quantità in diverse occasioni, anche nel semplice e umile aperitivo con un rosso d.o.c., con delle olive e una fettina di pane integrale di farina autoctona. Non è difficile prepararseli, se non si ha la possibilità di coltivarseli, basta recuperali nelle aree rurali o dai grossisti che in questo periodo sono molto attivi nel commercio, visto che sua Maestà Pomodoro è anche “attenzionato” per farsi le conserve di salsa o di pelati in bottiglie o vasetti. Che dire, cominciamo a recuperare la qualità S. Marzano indicatissima per questa ricetta, li tagliamo a metà e li ripuliamo dai semi all’interno, posizionandoli su una rete e allienandoli tra loro, su un asse in legno o ancora meglio in appositi crivelli con fondo di steli di grano come un tempo, li teniamo al sole per alcuni giorni possibilmente in un’area ventilata, controllando quando gli stessi siano letteralmente asciutti e non siano induriti o accartocciati. Li rimuoviamo, in maniera certosina li controlliamo bene affinchè non vi siano impurità, cominciando a riporli in vasi di vetro, creando degli strati sovrapposti, pressati ben bene e cominciamo a condirli con fini fettine di aglio, pezzetti di peperoncino e per i più “terroni” si può aggiungere dell’origano e dei semi di finocchio.

 

Una volta preparati, li si ricopre con olio d’oliva di Calabria e li si controlla per i primi giorni, quando gli stessi assorbiranno l’olio, tenendo obbligatoriamente e costantemente il livello dell’olio per averli sempre sotto. Una ricetta di una conserva identitaria che i nostri nonni, hanno sempre preparato e che hanno tramandato a tutti noi, che continuiamo a non privarcene, visto la bontà del gusto e l’impiego che durante l’inverno se ne può fare. Il momento è quello giusto siamo ai primi di agosto, davanti le case dei calabresi non mancano, averli davanti ci da quella forte identità terrona che solo chi la vive e l’apprezza nelle sue variegate sfaccettature e nella miriade di colori e sapori può apprezzarla e tramandarla. Preparateli e buon appetito calabresi D.O.C. e vacanzieri di questa terra ricca di gusti identitari e forti che vanno solo consolidati, tramandati e perché no, ad aggiungersi a quelle tipicità regionali italiani che arricchiscono questa nazione, che in contesti globalizzati non può esprimere queste ricchezze, scomode a mercati di altri stati che non si possono fregiare di tutti queste ricchezze eno -gastronomiche di nicchia, dall’indiscusso pregio di gusto e qualità.

Gianpiero Taverniti