R. e P.

Con la sentenza di primo grado, il GUP presso il Tribunale di Reggio Calabria aveva ritenuto responsabili del delitto tutti i cinque imputati, condannandoli ciascuno alla pena di 30 anni di reclusione, così determinata la pena in ragione del rito abbreviato.

Tale pronuncia era stata ribaltata dalla Corte di Assise di Appello, che aveva ritenuto responsabile, col ruolo di esecutore materiale del delitto, il solo Trimboli Saverio, nei cui confronti aveva però escluso la premeditazione e lo aveva condannato ad anni 20 di reclusione, assolvendo tutti gli altri.

La sentenza era stata impugnata dai difensori di Saverio Trimboli, (Avvocati Salvatore Staiano e Gianfranco Giunta), ma anche dalla Procura Generale, sia per quanto riguarda le pronunce assolutorie, sia sulla esclusione dell’aggravante della premeditazione.

La Corte di Cassazione, accogliendo le argomentazioni dei difensori di Natale Trimboli e di RoccoTrimboli (Avv.Francesco Lojacono), di Barbaro Rosario (Avv. Armando Veneto e Luca Maio) e di Domenico Trimboli (Avv. Lorenzo Gatto), ha rigettato il ricorso della Procura Generale, confermando la loro pronuncia assolutoria, ed ha anche rigettato il ricorso il ricorso di Saverio Trimboli, la cui condanna diviene pertanto definitiva.

Il cadavere di Pasquale Marando, all’epoca latitante dopo una lunga carcerazione, e di cui si erano perse le tracce dall’anno 2002, non è stato mai ritrovato.

Il predetto era considerato uno dei massimi trafficanti internazionali di stupefacente, nonchéelemento di vertice della omonima ‘ndrina operante tra il centro aspromontano di Platì ed il Piemonte.

Ad avviso degli Inquirenti, e sulla scorta del dichiarato di diversi collaboratori di giustizia (tra cui Rocco Varacalli, Agresta Domenico e Marando Rocco), il suo omicidio era stato commesso nel gennaio del 2002 dai componenti della famiglia Trimboli, suoi cognati ed ex alleati, con l’avallo di Barbaro Rosario, ritenuto a capo della locale cosca di ‘ndrangheta, il quale voleva così ridimensionare i Marando che insidiavano la sua leadership sul territorio.

I Trimboli avrebbero attirato la vittima in un tranello, e lo avrebbero eliminato nel corso di una cena che era stata organizzata, apparentemente, per superare i precedenti dissidi dovuti alla spartizione del traffico di stupefacenti, che avevano determinato il precedente triplice omicidio di due fratelli dei Trimboli e di un loro cugino, i cui corpi non sono mai stati ritrovati, e di cui veniva ritenuto responsabile Pasquale Marando.

Tale ricostruzione, però, non era stata ritenuta adeguatamente provata dal Collegio di secondo grado, che aveva individuato una serie di criticità e di discrasie nel narrato dei collaboratori, ed aveva ritenuto responsabile dell’omicidio il solo Saverio Trimboli, quale esecutore materiale.

Con l’intervenuto suggello da parte della Cassazione in data odierna, la pronuncia è divenuta definitiva.