di Cosimo Sframeli
Un piccolo santuario nel cuore dell’Aspromonte richiama ogni anno, tra il 31 di agosto e il 2 di settembre, tantissimi fedeli che, con grande e solenne devozione, giungono in questo luogo magico e incantato, tra balli e feste, per un appuntamento religioso in cui si unisce il sacro e il profano, il religioso con il trascendentale. I devoti, attori principali della solennità, giungono da ogni parte per incontrare Maria, la Madre Misericordiosa, per chiedere un voto, per invocare un atto di giustizia e di clemenza. Segni inequivocabili della Calabria che non dimentica il suo passato, che cresce e vive all’ombra della fede di intere generazioni, plasmando, con passo attento e irripetibile ciclicità, carovane di giovani.
Un tempo i pellegrini giungevano a piedi e di buon’ora a Polsi per recarsi in chiesa e porgere il saluto alla Madonna. E ancora oggi, lungo le strade tortuose, durante il faticoso cammino, si alternano canti e balli, suoni di tamburello che alternano le nenie.
Un tempo, durante i giorni di festa, i pellegrini raccoglievano numerose pietre, che ponevano sul capo o nella spalla, offrendole ex voto alla Madonna per la costruzione del convento e la realizzazione di abitazioni per ospitare i devoti dopo il faticoso viaggio.
Tutto intorno l’odore di vivande assaporate in momenti conviviali, durante la permanenza nella vallata. Il pellegrinaggio a Polsi è la festa di un popolo nella continua ricerca delle proprie radici.
Quindi, la processione, solenne e briosa, oscillante di sonorità al grido di “Viva Maria della Montagna”. Un rito di fede antico e sempre attuale in cui storia, misticismo, fantasia e tradizione si mescolano e offrono una mitica leggenda affascinante.
Rocco Giuseppe Tassone racconta che l’ubicazione del luogo in cui sorge il santuario sarebbe da ricondurre a una affascinante leggenda secondo cui, nel medioevo, alcuni pescatori di Bagnara, al tramonto di una afosa serata estiva, mentre si preparavano a una battuta di pesca notturna, nel mare calmo e luccicante, videro in lontananza una piccola imbarcazione con a bordo due ceri accesi. Affascinati e incuriositi, calarono le barche e raggiunsero quella piccola imbarcazione, ma a bordo non trovarono nessuno tranne una statua raffigurante la Vergine col Bambino. Si impadronirono della statua e, intonando canti di gloria, fecero ritorno sulla spiaggia, posizionando la statua su un carro per traportarla in chiesa. Giunti al portone principale, si girarono verso il carro e non videro più l’effige. Anni dopo, intorno al 1144, un vitello, mentre brucava l’erba, si sarebbe inginocchiato di fronte ad una Croce. Il bovaro preoccupato si avvicinò all’animale e accorgendosi della Croce iniziò a scavare, portando alla luce la sacra statua raffigurante l’effige della Madonna che i marinai di Bagnara precedentemente si erano lasciati sfuggire. Il bovaro, stupito e affascinato, si diresse subito al paese, osannando la Vergine e inneggiando al miracolo. Corrado Alvaro in riferimento alla “Croce di ferro”, origini del culto di Polsi, afferma: “Da un’umile croce ferrea che sembra abbracciare tutti i fedeli che le s’inchinano, sorse, là dove facevan lor nidi le aquile, una chiesa, una fede, un popolo rigenerato, isolato dal mondo, dalle lustrali acque di due torrenti, unito agli uomini dal pensiero grande dei padri e delle generazioni”. In conclusione, Polsi rappresenta ancora il simbolo della vita, della rinascita e del riscatto nella tormenta e adorata Calabria.