Undici persone – dieci uomini e una donna – sono finte in arresto con l’accusa, a vario titolo, di associazione per delinquere, in particolare sono sospettati di far parte di un gruppo che avrebbe organizzato e messo a segno una serie di furti in appartamento.

Stamani, dunque, il blitz nel rione Ciccarello, eseguito dalla Polizia di Stato coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, a seguito delle indagini svolte dalla Squadra Mobile del capoluogo che ritiene di aver ricostruito più di dieci “colpi” portati a termine in meno di sei mesi, e che avrebbero fruttato ai malviventi circa 150 mila euro tra contanti e preziosi sottratti. Asportati anche due fucili calibro 12 e due pistole calibro 7.65 regolarmente detenuti dai proprietari.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti il gruppo criminale – perfettamente strutturato ed organizzato con una precisa ripartizione di ruoli e compiti – dopo aver studiato le abitudini delle vittime, entrava all’interno degli appartamenti, anche in pieno giorno, colpendo in modo rapido e redditizio.

Tra sopralluoghi e briefing

Nulla sarebbe stato lasciato al caso: guidati da due reggini appartenenti alla comunità Rom, si sarebbe organizzati dei sopralluoghi, ripetuti anche più volte nell’arco della giornata, e addirittura dei briefing per pianificare nel dettaglio come entrare negli appartamenti e le eventuali vie di fuga più sicure.

Il compito di “studiare” le vittime sarebbe stato affidato ad una giovane donna, anche lei della rom, che avrebbe annotato con cura le abitudini di vita dei padroni di casa, anche citofonando per meglio comprendere chi fosse presente in casa e a che ora.

Gli “operativi” funamboli

Acquisite le informazioni, entravano in azione gli “operativi” che in pochissimo tempo, riuscivano a forzare la serratura della porta oppure, in alcuni casi, muoversi da veri acrobati tra balconi e grondaie alla ricerca di una persiana o una porta-finestra lasciata incautamente socchiusa e individuata precedentemente.

Una volta all’interno, con l’utilizzo dei “ferri del mestiere”, eventuali casseforti venivano scassinate velocemente e ripulite di banconote e preziosi. La fuga, anche questa preparata nel dettaglio, avveniva sempre con veicoli diversi.

I due capi, poi, avrebbero provveduto a dividere il bottino secondo il “grado di rischio” che ciascuno dei partecipi avrebbe affrontato durante le incursioni.

L’operazione “Case Sicure”

L’operazione, non a caso chiamata in codice “Case Sicure”, partita all’alba, ha visto impiegare un imponente dispositivo con circa una settantina di uomini e donne della Polizia di Stato che sono entrati in azione nel quartiere.

Le accuse contestate agli indagati, dunque, oltre a quella di associazione per delinquere, sono anche di furto aggravato, ricettazione e porto abusivo di armi da fuoco. Al termine delle attività tutti i coinvolti sono stati portati nel carcere di Arghillà.

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