Dopo l’ex sindaco Rocco Femia e l’ex assessore Francesco Marrapodi, anche Rocco Agostino, membro della sua squadra di governo e ammanettato nel 2011 nell’operazione “Circolo Formato”, è tornato in libertà dagli arresti domiciliari in cui si trovava. La seconda sezione penale della Corte d’appello di Reggio ha infatti accolto le istanze presentate dall’avvocato Cosimo Albanese, supportato dall’avvocato Angelo Macrì, «per insussistenza di esigenze cautelari», senza quindi, alcun obbligo di restrizione. Così, dopo cinque anni, l’ex assessore con delega alle politiche sociali del Comune di Marina di Gioiosa torna libero. Nelle scorse settimane, la Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna inflitta a Marrapodi, giudicato in abbreviato, «soggetto con posizione processuale analoga» a quella dell’ex sindaco ma anche al collega Agostino.

Tali decisioni, secondo l’avvocato Albanese, impongono «un’impronta tangibile dello sgretolamento accusatorio del processo “Circolo Formato”, inchiesta che nel maggio del 2011 portò all’arresto di oltre 40 persone ritenute vicine al clan Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica con conseguente scioglimento del Consiglio comunale». Agostino, all’epoca dei fatti era candidato col centro-destra al Consiglio provinciale di Reggio Calabria nella lista del presidente Giuseppe Raffa, che prese subito le distanze dal suo candidato, che comunque racimolò qualche voto nonostante lo stato di detenzione. Agostino, nel corso degli anni, si è sempre dichiarato innocente, rimarcandolo nel corso di una dichiarazione spontanea letta alla Corte d’Appello di Reggio Calabria durante un’udienza del processo.

«Attendiamo con serenità le motivazioni della sentenza d’appello del luglio dello scorso anno – ha aggiunto l’avvocato Albanese – e come ho dichiarato più volte, siamo certi di un ribaltamento di giudizio, appare ormai fin troppo chiaro come il mio assistito sia totalmente estraneo da qualsiasi coinvolgimento politico-mafioso, dispiace solamente che ci siamo voluti oltre cinque anni per farlo capire».

Secondo le motivazioni delle sentenze che hanno riguardato gli imputati del processo, quella del 2008 sarebbe stata «una competizione elettorale tra ‘ndrine». A reggere le competizioni elettorali del 2008 nella città del sorriso, infatti, «non sono i partiti, non le regole politiche né i programmi elettorali ma piuttosto un conflitto silente, camuffato da una competizione elettorale, di contrapposizione mafiosa tra i Mazzaferro e gli Aquino, che misurano così la loro forza su quel territorio». La vittoria finale avrebbe comportato il governo del paese ed il conseguente arricchimento di una ‘ndrina a scapito dell’altra, grazie al controllo degli appalti, dell’economia, insomma: del denaro pubblico.

Simona Musco da zoomsud.it

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