di Pino Carella
Negli ultimi anni, e ormai potremmo dire negli ultimi decenni, il calcio dilettantistico nel nostro territorio ha vissuto una crisi profonda e dolorosa. Le difficoltà economiche, la mancanza di progettualità a lungo termine e, soprattutto, la frammentazione delle forze hanno condannato realtà storiche al declino. La recente resa del Locri Calcio, consegnato nelle mani del Comune, è solo l’ultimo segnale allarmante. Prima di lui è toccato al Roccella. E lo stesso Siderno, un nome che per anni ha rappresentato l’orgoglio sportivo della costa ionica, oggi si ritrova diviso in due squadre, entrambe relegate ai margini del calcio che conta.
A questo punto, viene spontaneo porsi una domanda che in molti, forse in silenzio, si fanno da tempo: non sarebbe il momento di mettere da parte i campanilismi e unire tutte le forze?
La proposta è semplice ma ambiziosa: creare un’unica squadra, che rappresenti l’intero territorio della Locride. Un progetto comune, con un nome simbolico magari proprio “Locride Calcio” che raccolga il meglio delle realtà locali, mettendo insieme competenze, strutture, talenti e passione. Una società solida, ben strutturata, in grado di aspirare a un salto di qualità non solo sportivo, ma anche sociale e culturale.
Questa squadra potrebbe fungere da catalizzatore per un nuovo modello di sviluppo del settore giovanile: una rete di vivai locali, uno per ogni paese, coordinati da un’unica regia tecnica. Così come si faceva una volta, quando l’obiettivo non era solo vincere la domenica, ma crescere insieme, educare attraverso lo sport e coltivare il senso di appartenenza.
Per fare tutto questo, serve però un cambiamento radicale nel modo di pensare: bisogna ragionare come se fossimo una sola città, Locride, e non più come una miriade di piccole realtà in competizione tra loro. È una sfida di maturità e di visione, che chiama a raccolta amministratori, imprenditori, ex calciatori, tecnici, tifosi e semplici appassionati. Perché il calcio, da sempre, è molto più di uno sport: è identità, è comunità, è futuro.
Il tempo dei personalismi è finito. Se vogliamo davvero dare una speranza al nostro calcio e con esso a un’intera generazione di giovani dobbiamo iniziare a costruire qualcosa insieme. Perché solo uniti, possiamo tornare a sognare in grande.