Con ordinanza dell’ottobre 2020, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto avverso il decreto ministeriale del maggio 2019, con cui «è stata disposta la proroga, per ulteriori due anni, del regime detentivo previsto dall’articolo 41-bis dell’Ordinamento penitenziario nei confronti di Giovanni Strangio, detenuto nella casa circondariale di Roma-Rebibbia in espiazione della pena dell’ergastolo».
Il collegio ha evidenziato che «il sodalizio mafioso di appartenenza era ancora attivo sul territorio» e che «non vi erano sopravvenienze di un mutamento del ruolo e della posizione apicale rivestita da Strangio al suo interno». Per tali ragioni «doveva ritenersi sussistente la probabilità che il detenuto, dove collocato nel circuito ordinario, riprendesse i rapporti con i sodali del gruppo criminale di riferimento, non potendo riconoscersi rilievo al percorso di revisione critica riferito nella relazione comportamentale dell’istituto penitenziario di assegnazione, trattandosi di evenienza recente e non ancora vagliata sul piano giudiziario».
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