Sono state collezionate 700 pagine di sentenza per il processo “Faida dei boschi” che ha messo fine, durante l’ultima udienza, nel mese di Maggio scorso, alla cruenta guerra di mafia scoppiata nel territorio montano a cavallo delle Province di Catanzaro, Vibo Valentia e Reggio Calabria. Undici gli imputati alla sbarra, accusati a vario titolo di omicidio, tentato omicidio, associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni ed altro. Pesanti anche le richieste di condanna: ergastolo per Vincenzo Gallace, Giuseppe Cosimo Leuzzi, Andrea Sotira, Cosimo Spatari e Agostino Vallelonga. Ad Antonio Leuzzi sono stati dati 13 anni, come a Luca Spatari, mentre 27 anni per l’imprenditore Roberto Umbaca, 12 per Bruno Cosimo Damiano Vallelonga e, infine, 25 anni di reclusione per Salvatore Papaleo.
Vallelunga presunto capo locale di Serra San Bruno “si era avvicinato a Novella, schierandosi con lui, per cui avrebbe potuto rispondere a tale delitto colpendo la triade calabrese”, la ripresa della faida dei boschi sarebbe da ricondurre, come rilevano i magistrati di Locri, “all’ormai esistente contrapposizione tra le cosche della marina e quella della montagna dominata da Damiano, anche se in questo contesto si inserivano ragioni di carattere molto personale.
Le principali fonti di prova del processo sono state le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, fondamentale la testimonianza di Belnome sulla rottura dei rapporti tra Novella e Gallace, oltre le conversazioni ambientali captate all’interno di un’azienda agricola di Gioiosa Jonica, nel carcere di Palmi e all’interno della lavanderia “Ape green” di Siderno.
Carlotta Tomaselli
14067news