R. e P.

Egregio direttore,

ho letto quanto riportato sul suo giornale in merito alla situazione del reparto di ortopedia di Locri.
La signora a cui si fa riferimento aveva un nome. Si chiamava Raffaela, proprio Raffaela con una L , e ci teneva tanto a specificarlo. Parlo al passato perché Raffaela non c’è più, ci ha lasciato ieri pomeriggio. Ha voluto togliere dall’imbarazzo tutti quelli che in questi due giorni di calvario hanno cercato di aiutarla per ottenere un diritto sacrosanto : avere le cure adeguate. Si è spenta serena con vicino le persone più care. Ho degli amici meravigliosi che si sono prodigati affinché Raffaela avesse quanto gli era dovuto e non una virgola di più . Ma non deve andare così e non deve funzionare così. La costituzione italiana riconosce il diritto alla salute definendolo un diritto fondamentale .
L’art. 32 della costituzione italiana dice : La repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Ognuno di noi ha il diritto di essere curato indipendentemente dalla condizione sociale, ricco o povero, umile o nobile , uguali perché persone. I diritti sono tali perché non devono avere bisogno di supporti o di raccomandazioni.Non è così. Lunedì sera, Raffaela ha subito un trauma in casa. Portata in ambulanza privata al ps di Polistena per un primo accertamento radiologico. Arriviamo a Polistena e all’accettazione del ps ci dicono che la “ macchina dei raggi non funziona “. Queste le parole usate . Rapido consulto e via verso l’spedale di Locri. Nel tragitto Raffaela peggiora ha una crisi ed arriva al ps in codice rosso. Le prime cure hanno un leggero effetto e Raffaela ha una piccola ripresa. Portata in radiologia, l’esame ci dice che c’è una frattura  scomposta e pluriframmentaria del femore destro . Raffaela rimane tutta la notte in ps in attesa del ricovero all’indomani mattina. Non sto a raccontare, passo dopo passo, quanto accaduto da lunedì sera a mercoledì pomeriggio. Tenga conto, che una frattura del femore deve essere operata entro le 48 ore. L’ospedale deve garantire il rispetto di tali tempi. Nel caso di Raffaela questo non poteva essere fatto : un solo medico in reparto e conseguente impossibilità di avere la sala operatoria. Raffaela se ne è andata, per evitare ulteriori discussioni tra gli “operatori sanitari “ sulla data dell’intervento, in quale ospedale e con quale equipe.E’ volata via avendo avute le cure giuste ma lasciando a noi tutti la responsabilità di affrontare in modo semplice la questione sanitaria della nostra zona. Ci si ammala tutti prima o poi, rendere dignitosa la malattia è un nostro dovere.  Io sono nato e cresciuto in piccolo paese di nome San Giovanni di Gerace. Ne sono felice ed orgoglioso.Sono uno di quei figli di contadini che si è laureato, forse più perché era il sogno di mio padre piuttosto che il mio.Sono uno dei tanti figli di questa terra che ci costringe ad andare via, lontani fisicamente ma sempre vicini con il cuore.Il nostro è un cordone ombelicale mai rescisso ,testardo e cocciuto che non si vuole spezzare.Un po’ di strada nella vita l’ho fatta e ho visto e continuo a vedere come è fatto il mondo.Ma io qui ho le mie radici, qui ho la mia casa e quando arrivo il mondo di colpo si rimpicciolisce e diventa un gruppo di case arroccate.  Mento, sapendo di mentire, quando dico che qui ci sono i colori più belli del  mondo e i profumi sono unici e il mare è inimitabile.Qui, in questo spicchio di terra, ogni cosa è diversa e migliore. Io amo questa terra a prescindere.Proprio per l’amore che provo , mi sento male nel dover vedere disorganizzazione, incuria e comportamenti privi di ogni etica.     Lunedì sera lo sconforto ha fatto posto alla rabbia. Una vergogna indicibile mi ha reso impotente. Una sanità allo sbando e senza principi.Dimenticavo direttore, di dirle che io sono Antonio, figlio di Raffaela che mi chiamava “ N’toni “ . Una donna fantastica che se ne va in punta di piedi, con discrezione come ha fatto per tutta la sua vita. Se ne va portandosi via un pezzo del mio cuore e un pezzo di storia della nostra amata terra.

Antonio Barillaro