LOCRI – “Una voce dell’anima” è il titolo dell’opera di Giovanni Vescio realizzata con alcuni detenuti della casa circondariale di Locri. Vescio, artista affermato e particolarmente apprezzato nel campo delle rappresentazioni figurative dell’arte contemporanea a livello internazionale, ha realizzato un’inedita rappresentazione della  natività ora esposta nella chiesa parrocchiale di Bovalino Superiore.

L’iniziativa, ideata e fortemente voluta dalla direttrice della casa di pena locrese Patrizia Delfino, era rivolta al coinvolgimento del Maestro Giovanni Vescio, in collaborazione con Calogero Mendola, entrambi agenti del Corpo di polizia penitenziaria,  e di una diecina di detenuti che si sono resi protagonisti della realizzazione materiale dell’opera ispirata ad una celebre frase di  Johann Wolfgang von Goethe il quale ricorda: “Chi è nell’errore compensa con la violenza ciò che gli manca in verità e forza”. Un laboratorio sperimentale all’interno del carcere che ha dato modo di esaltare la manifestazione religiosa più importante della Cristianità associata ad una delle tragedie più cruente dell’umanità e di pressante attualità che è la violenza sulle donne.

“L’opera nasce dalla visione pittorica dell’artista e di essa conserva le linee sinuose e tutto il dinamismo – ha scritto Stefania Maggiulli, critico e storico dell’arte -, elementi caratterizzanti della visione artistica di Giovanni Vescio, si compone di due elementi, due differenti concetti correlati, la maternità, ispirata alla Sacra Famiglia e la donna, un presepe in chiave concettuale, contestualizzato e teso a lanciare un messaggio: la violenza sulle donne tema duro e difficile, visto il contesto nel quale l’opera è stata realizzata, e quanto mai significativo, in questo caso l’arte può essere medium alternativo teso a sollecitare la riflessione e il confronto, a capirne la drammaticità”.

L’opera, realizzata in ferro battuto e resina dove “le linee aperte della scultura in metallo – riprende Maggiulli – creano rapporti di spazio tra pieni e vuoti, creando un contrasto visivo di forte impatto con la scultura della maternità che invece si presenta come blocco monolitico il cui bianco fa si che l’occhio si soffermi per primo sulla composizione, per poi spostarsi e indagare la figura esterna della donna”. Un lavoro di grande valore artistico e umano, che ha impegnato molte ore di lavoro, partito da zero in quanto  le persone che hanno collaborato alla realizzazione erano totalmente impreparate a qualsiasi principio tecnico e artistico. Tuttavia l’impegno e l’entusiasmo sono stati tali da permettere di superare tutte le difficoltà grazie alla sapiente e attenta guida dei due Maestri che hanno diretto questa particolare e originale equipe. “Giovanni Vescio è riuscito, da vero artista, a introdurre la sua personale visione formale e contenutistica, – a dirlo è sempre il critico d’arte in una sua recensione –  facendo si che l’opera non fosse fine a se stessa ma l’inizio probabile e possibile di un processo di recupero all’insegna della bellezza estetica e di pensiero”. “Non possiamo che elogiare l’iniziativa e la capacità artistica e didattica – ha chiosato Maggiulli – che ha dato vita a questa esperienza. Questa la visione artistica che ci piace pensare e promuovere”. E quella che fa più riflettere in tutta la composizione plastica è quella scarpetta rossa slacciata posta ai piedi della scultura femminile in ferro battuto, in parte svuotata, con la testa china sulla Sacra Famiglia e soprattutto sul Bambino, “Gesù Cristo il figlio unigenito di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli, per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”. “L’arte come nutrimento della sua anima e la continua ricerca di nuove volumetrie elegantemente intersecate a forme geometriche lo collocano tra i migliori interpreti del cubismo analitico”. Era stata questa infatti  la motivazione del premio che ha elevato Giovanni Vescio, nel mese di gennaio di quest’anno,  nell’olimpo internazionale dell’arte. Il riconoscimento all’artista di Locri gli era stato personalmente consegnato da Josè Dalì – figlio del grande artista spagnolo Salvador Dalì – a Parigi in occasione della rassegna “Arte Paris premio Salvador Dalì” svoltosi nella galleria di arte contemporanea Espace Christian Peugeot, l’Atelier fondato nel 1991 da Christian Peugeot, e che si affaccia in Rue de La Grande Armée a pochi passi dall’Arc de Trionf. Vescio, già nel 2016 si era classificato al primo posto della XI edizione della Biennale d’Arte Internazionale di Roma con il dipinto “L’inclinazione del Pensiero” e, a novembre, aveva ottenuto lusinghieri apprezzamenti in occasione di “Arte Fiera Firenze 2016” presso la Fortezza da Basso, altra kermesse di artisti internazionali la cui mostra e stata inaugurata da Vittorio Sgarbi.

GIORGIO METASTASIO