Ventuno anni senza Massimiliano Carbone sono tanti. Scorrono veloci e regolari come gocce che cadono dall’alto. Potrebbero scavare una roccia e invece alimentano un acquitrino tutt’altro che limpido. Acqua stagnante e torbida, maleodorante di silenzi e ipocrisia, di indifferenza e vecchia piccola borghesia.
Una vicenda, quella legata al suo omicidio a colpi di arma da fuoco perpetrato all’ora in cui le tenebre sono le più fedeli alleate di chi si nasconde, che non ha una verità giudiziaria. A riportarlo Gianluca Albanese su gazzettadelsud.it. Oggi come allora, sua madre Liliana tiene la testa alta e volge lo sguardo verso quel manifesto affisso davanti al cimitero che frequenta ogni mattina. Il volto di suo figlio è illuminato dal sole.
«Non è vero – esordisce – che il tempo che passa lenisca il dolore e la rabbia, anzi accumula pensieri che si confrontano con la realtà, che fanno male. “Nulla di lui è perduto” è una consapevolezza forte che coltivo, che si alimenta con l’affetto di tanti che mi sono vicini nel fare memoria, e non solo nei settembre che venti volte sono tornati, ognuno ancora impietoso di sole e di assenza».