Il palazzo dei Cataldo non lo vuole nessuno. È questa la triste verità all’apertura delle buste del tanto atteso e a lungo invocato bando di gara per la gestione dell’Ostello della gioventù a Locri, realizzato su un bene confiscato ad una delle cosche che, negli scorsi decenni, ha intrapreso in città una dura guerra con il clan rivale, quello dei Cordì.

«Alle ore 12.00 (dell’11 maggio), orario previsto per la presentazione delle proposte per la gestione gratuita per dieci anni, non è pervenuta alcuna offerta – lamenta il sindaco, Giovanni Calabrese -. Un immobile nuovo con 45 posti letto e tutti i comfort, costato due milioni di euro, non ha suscitato l’interesse di nessuno. Neanche le organizzazioni che “vivono” di antimafia hanno manifestato alcuna volontà a gestire l’Ostello indicato come il simbolo della vittoria dello stato nei confronti delle cosche. La lotta alla mafia – si sfoga su Facebook – si fa con azioni concrete e non ridicole passerelle. Le azioni concrete, invece, si portano avanti con coraggio e determinazione. L’indifferenza nei confronti di questo bene confiscato rappresenta, a mio modesto avviso, una brutta battuta d’arresto per un territorio che deve dimenticare un triste passato ed impegnarsi per costruire un futuro diverso fatto di speranza e di legalità. Oggi è un giorno triste». Un bando atteso per quasi un anno, che molto aveva fatto discutere le forze politiche in città, e il cui fallimento ora lancia un brutto segnale, in un momento di aspre polemiche per la gestione dei beni confiscati alle mafie e anche per l’associazionismo antimafia, sempre più spesso coinvolto in scandali e privato dei propri simboli.

LA LETTERA DELLA VEDOVA CATALDO – Lo scorso anno era stata la moglie del defunto boss Nicola Cataldo, Paola Parrotta, madre di Antonio Cataldo, alias “papuzzella”, per gli inquirenti reggente del clan locrese, a parlare di quel bene confiscato, definendo la realizzazione dell’Ostello «un’occasione di possibile attrazione turistica per la città, che è sprovvista di alberghi e strutture recettizie», affermava in una lettera. E, precisava subito la donna, «il fatto che tale struttura sorga dalla rimozione di un immobile confiscato dalla magistratura ad una famiglia – Cataldo – rappresenta, per l’immaginario collettivo, una bella conquista». La donna, infatti, nella sua lettera negava, anche se pacatamente, che quel bene fosse frutto di affari loschi. «Io, che pur conoscendo la nascita ed il mantenimento di quello che fu il palazzo della mia famiglia e so quanti sono stati fatti (sic) per costruirlo e renderlo vivibile, ho una amara e diversa opinione (su quattro piani c’era solo uno finito). Ma oramai le sentenze dei tribunali hanno deciso così ed è inutile rimestare nel passato». Nonostante, dunque, criticasse la scelta di confiscare quel bene appartenuto alla sua famiglia e che per lo Stato è frutto di affari illeciti, la donna parlava di «un segnale di speranza e di riscatto sociale e civile e mi accontento di pensare che tale speranza passa anche attraverso la mia sofferenza». E aggiungeva: «spero sia finito il tempo buio per la città e per quanti a vario titolo ne hanno sofferto. La cultura della legalità deve essere veicolata anche attraverso forme di inclusione sociale e creazione di posti di lavoro, forse questo in Calabria e nella Locride lo Stato è in grande ritardo. I giovani hanno bisogno non solo di punti incontro e formazione ma soprattutto di avere pari dignità e pari opportunità rispetto ai loro coetanei del resto d’Italia. La nascita dell’Ostello – concludeva la lettera – non può però essere il traguardo ma è solo una tappa intermedia: il resto lo deve fare lo Stato nella sua interezza, contrastando la criminalità e annientando la corruzione».

LE POLEMICHE – Nei mesi scorsi avevano fatto discutere quelle stanze occupate dalle ragazze dello Sporting Locri, dagli artisti del Rigoletto e dai ragazzi dell’associazione Eutimo Basket, quando ancora del bando non vi era alcuna traccia. Un utilizzo effettuato «con atti formali», sulla base di richieste fatte pervenire al Comune, aveva precisato il primo cittadino, in contrasto però con l’iter imposto dal regolamento sui beni confiscati, licenziato dall’amministrazione allora guidata da Giuseppe Lombardo. Il regolamento parla chiaro: «la scelta del concessionario deve avvenire, in ogni caso, mediante selezione pubblica aperta curata da una commissione (…) su direttiva della giunta municipale che fissa criteri, modalità e relativi punteggi». Toccava alla commissione, dunque, individuare il gestore del bene, sottoponendolo poi al consiglio comunale per l’adozione del provvedimento formale. E per farlo serviva un passaggio importantissimo, specie di fronte al significato che tale concessione assume: l’acquisizione delle informazioni prefettizie su soci e amministratori dell’ente che ha avanzato la richiesta e sul personale che lo stesso intende impiegare a qualsiasi titolo per l’espletamento dell’attività sui beni.

Tutto ben fatto ma tutto inutile. Quel palazzo non interessa a nessuno.

Simona Musco ( tratto da zoomsud.it)

inaugurazione ostello