Pubblichiamo una lettera, che abbiamo ricevuto, da parte di Gianni Gullotta, un cittadino di Calabria:

Mi rivolgo a lei, pregandola di volermi concedere un piccolo spazio per esporre, tramite il giornale da Lei diretto, quanto segue:

Sono calabrese. Sono nato e cresciuto tra i monti e il mare della Locride. E adoro questa terra. Vi provo un amore viscerale e profondo. Amo le sue bellezze, la sua storia, la sua cucina, i panorami che offre, i tramonti e le albe, l’accoglienza, il clima, il calore e tutte le mille altre cose che vengono ostentate come se rappresentassero i soli e gli unici componenti di questa società.

Eppure non siamo in paradiso.  O se lo siamo, io non me ne sono mai accorto. Colpa mia probabilmente, che a differenza degli strenui difensori della calabresità ad ogni costo, mi ritrovo costantemente accecato dalla rabbia e dalla collera.

Rabbia perché non tollero più i parcheggi selvaggi. Macchine parcheggiate ovunque, senza rispetto alcuno per nessuno. Posteggiate in ogni pertugio con presunzione, arroganza, superficialità e stupidità. Oppure ferme, in mezzo alla strada per salutare a compare Mico e a compare Rocco, infischiandosene delle automobili che stanno dietro.

Rabbia perché sono in pochi a rispettare le precedenze alle rotonde, queste sconosciute. Il loro funzionamento, per molti, rimane ancora oscuro e incomprensibile. E guai a suonare il clacson in segno di protesta contro chi, senza rispettare la precedenza di immissione, ti sta per centrare in pieno e in tutta velocità. Ti guardano in cagnesco, pronti alla rissa. Per non parlare dei semafori rossi. Optional decorativi sulla strada.

Rabbia per gli ombrelloni impiantanti stabilmente sulla spiaggia libera, in prima fila, davanti al mare, per garantire ai pigri e cafoni titolari, un posto vicino al bagnasciuga, indipendentemente dal loro orario di arrivo.

Rabbia per l’arroganza, la superficialità, la presunzione e la mancanza di rispetto che certi camici bianchi del pronto soccorso di Locri riservano ai pazienti. Ripeto certi. E non tutti. Alcuni meritano assoluto rispetto e stima per l’umanità e la professionalità con cui affrontano, quotidianamente, un lavoro complesso in un contesto difficile. Altri però no. Altri meritano disprezzo e denuncia.

Rabbia per gli scarichi a mare, per le puzze insopportabili lungo la Statale 106, per le macchie di olio nelle acque bandiera blu, per le spiagge piene di porcherie, per le strade di montagna invase dalle erbacce mentre gli operai forestali oziano perché non ricevono disposizioni dai loro superiori.

Rabbia per gli incendi distruttivi, per i cassonetti stracolmi di immondizia e incapacità, per le sassate ai treni, per le file saltate ovunque e da chiunque. Rabbia per i prezzi esorbitanti degli affitti estivi, per il piombo contro le minigonne, per gli enormi capannoni abusivi invisibili seppur sotto gli occhi di tutti e poi magicamente condonati. Rabbia per i prodotti tipici taroccati e tutelati. Rabbia per gli adolescenti tutti vestiti e pettinati uguali, spavaldi e arroganti, a bordo di motorini truccati e senza casco.

Rabbia per i giornalisti pontificatori che per anni hanno rovesciato fango e accuse contro tutto e tutti e oggi si ritrovano amministratori in giunte comunali piene di ombre e di misteri.

Rabbia per l’incoerenza e l’incongruenza tra le parole dette in pubblico e i fatti realizzati in privato da tanti, troppi, finti paladini di questa terra. Rabbia per i finanziamenti pubblici concessi solo agli amici degli amici. Rabbia per i rigogliosi alberi pubblici uccisi dalla pubblica potatura. Rabbia per la solidarietà sciacalla comunicata a colpi di note stampa da enti e associazioni per ottenere qualche like e un misero riconoscimento sociale. Rabbia per la raccolta differenziata mischiata dai mezzi di raccolta.

Rabbia perché ora si solleverà un’alzata di scudi dai moralisti difensori del più ottuso meridionalismo, accusando il sottoscritto di voler infangare ed offendere questa regione. Ed è a loro che voglio dire una cosa: il problema di questa terra non è chi racconta e denuncia il problema. Troppe volte è stato messo in atto questo vile e puerile stratagemma. Il problema sono i problemi. Il problema è chi causa i problemi e chi fa finta di non vederli. Il problema è raccontare che tutto va bene, che siamo belli e che siamo bravi. Il problema è che ci prendiamo in giro. Da soli. Come degli idioti. E questo, di certo, non vuol dire amare la propria terra. Vuol dire prenderla per il culo.

Possono sembrare stupidaggini quelle sopra descritte. Ma così non è. Sono il termometro inequivocabile di una regressione civile e sociale verso cui stiamo sprofondando. Un imbarbarimento irreversibile e inequivocabile. E negarlo vorrebbe dire continuare ad ingannare questa Calabria, benedetta dalla natura e maledetta dagli uomini.

fonte: telemia

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