Esperienze di guerra, sequestri e storie vere per educare alla pace e contrastare la cultura dell’odio
Siderno – La violenza lascia cicatrici profonde, seminando dolore e privando intere comunità della speranza. È partendo da questa consapevolezza che si è svolto ieri, a Siderno, un incontro dal forte valore umano e sociale, incentrato su un tema più attuale che mai: le conseguenze devastanti della violenza, della guerra e delle mafie.
«Questo secondo libro – ha spiegato Carrozza – è una sorta di spy story ispirata alle mie missioni umanitarie nelle zone di conflitto. Il mio obiettivo è raccontare ciò che normalmente non si vede: la sofferenza di chi vive in guerra, l’impatto psicologico sulle persone, le vite interrotte».
Accanto a lui, il giornalista Pietro Melia e il regista Lele Nucera, co-ideatori del progetto di sensibilizzazione attraverso le arti e la narrazione, hanno sottolineato quanto sia importante raccontare la realtà, anche la più dura, per promuovere una cultura della pace, del rispetto e dell’ascolto.
Una delle testimonianze più toccanti è stata quella del sequestro subito da Alfredo Antico, che ha ripercorso quei momenti con lucidità e sincerità:
«Mi ritrovai in una macchina, con armi puntate addosso, incappucciato. All’inizio non capivo nemmeno cosa stesse succedendo, poi la mente ha iniziato a lavorare. Ricordavo i notiziari che parlavano di sequestri, le parole di mio nonno. E improvvisamente ero io il protagonista di quella tragedia che avevo sempre sentito da lontano».
Antico ha raccontato anche della sorprendente umanità di alcuni dei suoi sequestratori, senza però dimenticare il trauma e la paura vissuti:
«Mi trattarono bene, ma il pensiero costante, giorno e notte, era: cosa succederà domani? Se mi avessero preso a 18 anni, forse sarebbe stato insopportabile».
L’incontro ha voluto lasciare un messaggio chiaro: la violenza non è mai una soluzione. Che si tratti di mafia, guerra o soprusi quotidiani, le ferite che lascia sono profonde, e per guarirle serve memoria, dialogo, coraggio civile.
Un’iniziativa che non ha voluto essere solo commemorativa, ma una semina di consapevolezza, rivolta soprattutto ai giovani, affinché possano riconoscere i pericoli dell’indifferenza e impegnarsi per un futuro più giusto.
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