Di Francesco Marrapodi –

C’è un luogo, nel cuore della Locride, dove la storia non giace in silenzio sottoterra, sussurra. È lì, in contrada Palazzi di Casignana, che si staglia la villa romana: non un semplice resto d’antichità, ma forse il varco nascosto verso un passato ancora vivo. Il vento, che accarezza le colline e muove l’erba come dita leggere su corde d’arpa, porta con sé memorie lontane. La quiete delle campagne e il respiro lento delle onde sembrano sfidare il tempo, dove realtà e mito si intrecciano. In questo incanto, la villa appare come un altare ancestrale, custode di segreti che chiamano in causa i secoli. La villa potrebbe non essere è solo un capolavoro architettonico dell’età imperiale, ma molto di più. Un’antica leggenda racconta che, durante la seconda guerra punica, Scipione l’Africano trovò rifugio sulle sponde del Bonamico, nella città ormai scomparsa di Brutoto. Di quella città si sa poco: un nome che sopravvive nei frammenti di Teopompo e nelle lettere di Cicerone, un’ombra che si allunga fino a noi. Eppure, gli indizi parlano: la posizione strategica, la ricchezza delle rovine, la maestosità della villa. Brutoto, un tempo greca come tante della Magna Grecia, potrebbe aver trovato nuova vita sotto Roma, lasciando il suo cuore in questo luogo. Oggi, la villa si affaccia sull’orizzonte liquido dello Ionio, lungo la Costa dei Gelsomini. Fondata nel I secolo dopo Cristo e fiorita fino al IV, rappresenta una delle più affascinanti testimonianze romane dell’Italia meridionale. I suoi mosaici, tra i più vasti e raffinati mai scoperti in Calabria, parlano con geometrie e colori, con mitologie pietrificate e simboli antichi. Sono specchi di un’epoca perduta. Il complesso si divide tra il fasto della residenza privata e l’ingegno delle terme. Le “praefurnia”, i canali segreti di calore, svelano il sapere degli ingegneri romani. Nelle “Terme Orientali” e “Occidentali”, il corpo trovava ristoro, ma forse anche lo spirito si elevava. E poi la “Sala delle Nereidi”, dove le ninfe del mare sembrano ancora nuotare tra le tessere, e la “Sala Absidata”, simbolo di potere e bellezza. Non è difficile immaginare che dietro tanta magnificenza vi fosse un uomo di rango, forse un senatore, forse un aristocratico legato a Roma ma con radici profonde in questa terra. E se davvero la villa fosse parte dell’antica Brutoto? Se i mosaici raccontassero non solo storie mitologiche, ma frammenti di un’identità dimenticata? Allora, questo sito potrebbe rappresentare non solo un patrimonio artistico, ma una chiave. La chiave per riscrivere la storia della Locride e riscoprire la sua anima, che forse non è mai sparita — ma solo sepolta, in attesa che qualcuno la ascolti di nuovo.