A Gioiosa Ionica, la processione del Corpus Domini non è mai stata soltanto un rito religioso: è un respiro collettivo, un gesto d’anima che attraversa generazioni, vicoli e memorie. Ancora oggi, come un tempo, si avverte nell’aria la stessa emozione genuina, quella fede che non ha bisogno di parole altisonanti perché nasce dal cuore e si manifesta nei piccoli gesti di ogni giorno.
In passato, e in piccola parte ancora oggi, ogni balcone del centro storico si trasformava in un altare sospeso. Le antiche coperte damascate, tramandate di madre in figlia, venivano stese con cura: seta e broccato che si facevano preghiera silenziosa, omaggio discreto al passaggio dell’Ostensorio. Era un atto semplice, ma carico di significato, quasi un modo per dire: “Qui abita la fede, qui dimora il rispetto.”
Ogni via, ogni rione, preparava il suo altarino: piccoli santuari effimeri ma costruiti con amore, tra fiori di campo, tovaglie ricamate e immagini sacre. Erano soste spirituali, dove il Santissimo Sacramento si fermava per un momento di adorazione e benedizione. E la gente, in silenzio, con gli occhi lucidi e il cuore aperto, si raccoglieva intorno, sentendo di far parte di qualcosa di più grande, di più vero.
Non c’era ostentazione, non servivano grandi scenografie. La bellezza stava nella spontaneità del gesto, nell’accordo tacito tra le famiglie, nel profumo dell’incenso che si mescolava con quello del pane appena sfornato. Era il popolo intero che, con umiltà, mostrava la propria devozione con ciò che aveva e con ciò che era.
Il Corpus Domini a Gioiosa Ionica è ancora oggi questo: un cammino di fede che unisce le case, le anime e le generazioni. È la memoria viva di un paese che non ha mai dimenticato come si prega col cuore e come si accoglie Dio tra le vie polverose della quotidianità.
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