La popolarità di Antonella Viola, la virologa diventata star mediatica per la sua total immersion nei talk televisivi in tempi di pandemia, non accenna a diminuire.

Anzi, grazie anche alla sua avvenenza e alla scelta di fare un vero e proprio endorsement a favore della Sinistra, si mantiene su uno standard apprezzabile tant’è che, ormai, viene considerata alla stregua di Wikipedia e consultata su tutto lo scibile umano.

Di recente, chiamata a proclamare il suo verbo nel merito della richiesta irlandese in ambito europeo di obbligare i produttori di vino ad apporre sulle etichette delle bottiglie la dicitura “nuoce gravemente alla salute” come sui pacchetti di sigarette, ha dichiarato che chi beve vino ha il cervello più piccolo suscitando la reazione contraria dell’infettivilogo e collega di schermo televisivo Matteo Bassetti che si è fatto fotografare con un calice del rosso nettare in mano.
Non so se Alceo, il poeta greco che considerava il vino alla stregua dell’odierno Viagra si stia rivoltando nella tomba ma di certo mi viene da pensare che, operando la nostra scenziata in terra di eccellenze in fatto di vini, avrebbe fatto meglio a starsene per una volta zitta.
Come si suol dire, “un bel tacer non fu mai vano”.
Per quel che mi riguarda -ma io non sono uno scenziato- per un lungo periodo della mia esistenza mi sono astenuto dai piaceri di Bacco ma non ho riscontri oggettivi che mi inducano a pensare che durante quei frangenti il mio cervello si sia espanso né che successivamente, alla ripresa, si sia rimpicciolito.

Al contrario, in base a una deduzione abbastanza elementare, potrei argomentare che se, durante l’astinenza, ho deciso di tornare a bere vino -abitudine dannosa, stando alla teoria della dottoressa Viola- vuol dire che nemmeno da astemio il cervello il mio cervello doveva essere tanto più grande.
Forse mi dovrei preoccupare.

Sergio Salomone