Ha detto bene Paolo Conte: -I Francesi ancor s’incazzano e le palle ancor gli girano” quando qualcuno tenta di far loro il contropelo.
Hanno un’idea dello Stato derivata dall’unica rivoluzione degna di questo nome fatta in Europa e sono capaci di fare fronte comune scordando le divisioni interne per difendere gli interessi nazionali.
Acquisiscono aziende in giro per il mondo (con preferenza in Italia) e, invece, quando qualcun altro si interessa a una delle loro calano la golden share come hanno fatto in occasione del tentativo di acquisizione dei cantieri navali STX da parte di Fincantieri.
E nelle scuole primarie all’inizio delle lezioni cantano la Marsigliese che in un verso recita “. . . tout est soldat pour vous combattre. . .”
Traduco per me: ognuno (di noi) diventerà un soldato per combattervi.
In Italia le cose stanno un tantino diversamente: fino a qualche anno addietro nemmeno i calciatori della Nazionale cantavano il nostro Inno e qualcuno era finanche riuscito, udite udite, a cancellare la Festa della Repubblica del 2 Giugno.
Dio benedica il Presidente Ciampi che l’ha reintrodotta.
Quel Fratelli d’Italia che, in netta antitesi con le parole dell’inno francese, all’inizio della seconda strofa recita: -. . . Noi siam da secoli calpesti e derisi perché non siamo popolo, perché siam divisi. . .- ora lo cantano.
Magari come dei pesci in un acquario ma è già una cosa.
La prova che nulla sia cambiato da quel verso è tutta nella cagnara che alcune testate giornalistiche hanno fatto a proposito del viaggio di Giorgia Meloni in Etiopia che fu uno dei possedimenti coloniali del ventennio fascista.
Secondo questi signori la Premièr avrebbe dovuto chiedere scusa, a distanza di quasi cento anni, per i danni arrecati a quelle popolazioni da un regime definitivamente consegnato alla Storia.
Danni, peraltro, che gli Italiani abbiamo successivamente provveduto a ripagare con gli interessi attraverso politiche di collaborazione e di aiuti di ogni genere.
Anche la casalinga di Voghera si accorgerebbe che è tutta una manfrina dettata dall’ideologia e dalla frustrazione di chi si aggrappa, come diciamo da queste parti, “a ogni pizzu ‘i timpa” pur di remare contro il governo in carica e, va da sé, contro gli interessi nazionali.
Perché, appunto, non siam popolo, perché siam divisi.
Hanno mai sentito, questi censori della qualunque, un politico austriaco, che sia uno, chiedere scusa per avere tenuto il loro stivale
sul collo degli italiani?
Risulta loro che gli Inglesi si siano mai pentiti ufficialmente per avere sottomesso e sfruttato le popolazioni di India, Canada, Australia ecc ecc?
Forse i Boeri hanno mai fatto mea culpa per avere schiavizzato il Sud Africa?
Gli Spagnoli per avere cancellato dalla faccia della terra civiltà secolari come quelle degli Aztechi e degli Incas?
I Portoghesi per il genocidio degli indios dell’Amazzonia?
I Francesi per i disastri fatti nei Paesi ‘Africa che continuano a sfruttare facendosi pagare ancora da parecchi degli Stati ex colonie per i quali stampano moneta?
Dei tre Paesi che hanno perso la Seconda Guerra mondiale siamo l’unico nel quale c’è ancora chi parla di fascismo e partigiani mentre Germania e Giappone hanno seppellito quell’epoca di sventure e sono andati avanti.
Qui a ogni lieto evento non nasce un italiano ma, volta per volta, un guelfo o un ghibellino e c’è sempre chi rimesta e ripropone questo imprinting per interesse di bottega.
Onestamente non se ne può più.
Una Nazione nella quale queste divisioni sono così pervicacemente accentuate difficilmente riuscirà a uscire dalla mediocrità dello stereotipo di mafia, pizza e mandolino.
I padri Romani dicevano: divide et impera.
Un popolo diviso è più facile da dominare.
Noi, al solito, siamo per il “muoia Sansone con tutti i Filistei.
Siamo disposti a tagliarci il naso per dispetto della faccia.
E la dico in maniera salottiera.
Sergio Salomone