Premetto che non sono un animalista puro e duro e che non saprei privarmi del piacere di una amatriciana sia essa fatta col guanciale che con la pancetta.

Che, poi, dopo una pioggia, mentre porto fuori Fidel per i suoi bisogni, mi chini a raccogliere, per evitare che vengano spiaccicati sull’asfalto, i lumaconi che escono dai terreni accanto ai quali passiamo e li ributti fra le erbacce, questo non contraddice la premessa.
Fossi Gulliver lo farei anche con gli esseri umani tolti, va da sé, alcuni troppo viscidi per sopportare lo schifo di prenderli tra le dita.

Ma questa è un’altra storia.
Per completezza di informazione dirò pure che non mi sfiora il pensiero di diventare vegetariano.
Ho vissuto il lockdown in casa di uno dei miei figli, vegetariano con tendenza al vegano, e c’è mancato poco che sviluppassi tutti e quattro gli stomaci dei ruminanti.

L’erba non fa per me, l’avete capito.
Tutto questo premesso, non posso, tuttavia, non dire che trovo bestiale la decisione presa, dopo tanto ragionare, di uccidere l’orso che ha sbranato lo sfortunato runner in Trentino.
Mi domando a cosa serva, in primis, ma, ancor più e con tutta l’umana solidarietà verso i genitori della vittima, a cosa serva la vendetta -perché di vendetta di tratta- nei confronti di un animale selvatico che, proprio perhé tale, è collocato un gradino al di sotto dell’uomo nella piramide alimentare.
Le bestie feroci non uccidono, come fanno gli umani, per calcolo o per esaltazione o per crudeltà.
Uccidere questo plantigrado cosa insegnerà agli altri cento e passa suoi simili che sono stati introdotti in quel territorio per scriteriata e infausta decisione di chi adesso ne vuole punire uno per una cosa che si sapeva che una volta o l’altra sarebbe successa?
E, pur disperandoci per la sorte terribile toccata a quel giovane che è idealmente figlio di ognuno di noi, vogliamo contemporaneamente interrogarci sulla sua mancanza di prudenza o, ipocritamente, dobbiamo tacere il fatto che da quelle parti il pericolo era noto a tutti?
Assistiamo, allora, alla riproposizione di un moderno capitano Achab che si mette alla caccia di una nuova Moby Dick colpevole solo di recitare la sua parte in natura.
Non facciamolo, signori, non tocchiamo quell’orso e non tocchiamo i lupi se mangiano gli agnelli.
Se abbiamo pensato che l’orso fosse quello che balla su un pallone nei circhi equestri la colpa non è dell’orso.
Le bestie fanno il loro mestiere, a noi tocca fare il nostro di uomini.

Sergio Salomone