I cantieri della Bovalino-Bagnara sarebbero stati al centro degli interessi dei clan. Un dato che emerge dall’edizione odierna del quotidiano “Cronache del Garantista Calabria” in un articolo a firma di Ilario Filippone che fa riferimento ad una informativa dei carabinieri che documenterebbe l’interesse dei clan di San Luca. I militari dell’Arma avrebbero captato dialoghi cruciali ai fini dell’indagine in questione che riguarderebbe quanto proferito dal presunto boss Antonio Nirta in carcere. L’intercettazione che porta la data del 9 aprile dello scorso anno farebbe riferimento a come “nonostante sia stato raggiunto da misure cautelari ed indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso, il detenuto riferisce al figlio di iniziare ad interessarsi ai lavori per lo svincolo che collega Bovalino alla costruenda “Bovalino-Bagnara”. Quel giorno il mammasantissima avrebbe incontrato i suoi familiari nella sala colloqui del carcere di Vibo Valentia. “Ora arrivano i soldi e iniziano gli esprori, avrebbe detto il figlio, pure quelli della 106”. Da quanto sostenuto, il presunto boss avrebbe spiegato al figlio di interessarsi per “vedere come si deve dividere”. Antonio Nirta è coinvolto nel processo scaturito dall’operazione denominata “Italia che lavora, coordinata dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri e dai sostituti Tedesco e Antonio De Bernardo. Operazione che scattò il quattro febbraio dello scorso anno. I Carabinieri eseguirono la custodia cautelare emessa dal gip reggino nei confronti di 11 soggetti. Le accuse sono a vario titolo associazione mafiosa, illecita concorrenza volta al condizionamento degli appalti pubblici, frode nelle pubbliche forniture e furto di inerti, con l’aggravante delle modalità mafiose. In particolare, attraverso il monitoraggio di 9 appalti pubblici banditi dal Comune di San Luca, dalla Provincia di Reggio Calabria e dalla Regione Calabria per opere da eseguirsi in quel centro per un ammontare complessivo di 5,5 milioni di euro, è stato documentato l’accaparramento, diretto o indiretto, mediante atti di concorrenza sleale. In sintesi, gli indagati, grazie alla loro caratura criminale, avrebbero stretto un accordo collusivo mirante all’imposizione esterna della scelta delle ditte destinate ad aggiudicarsi gli appalti o comunque a eseguire, di fatto, i lavori sulla base di una logica spartitoria dettata dagli equilibri mafiosi.

ALESSANDRA BEVILACQUA 8592news