Ho letto con attenzione le novità del ddl sulla Buona Scuola presentato lo scorso 12 marzo dal Governo Renzi e non riesco a nascondere alcune perplessità che temo rischiano di colpire il tessuto sociale delle regioni più deboli e quindi della Calabria.
La mia prima preoccupazione riguarda la cosiddetta autonomia dei dirigenti scolastici i quali avranno la facoltà di selezionare i docenti in base al merito. Ora, occorre innanzitutto superare il problema discrezionalità e ipotizzare quindi che tutti i dirigenti sceglieranno i docenti in base al merito e non in base ad altri fattori diciamo più amicali, la qual cosa rischierebbe di escludere dalle scuole docenti preparati, ma senza “amici”, a vantaggio di docenti dotati di minore preparazione ma con una rubrica telefonica più fornita. Superato questo aspetto, mi domando quale dirigente avrà maggiore potere attrattivo? Il dirigente della scuola della città, di recente costruzione, strutturalmente bella e dotata delle migliori tecnologie o il dirigente della scuola piccola e datata, tipica delle periferie? Suppongo che il docente ben preparato che occupa la top ten della graduatoria, preferisca accettare l’invito del dirigente illuminato e ben attrezzato che amministra la scuola di città e che al dirigente della scuola di periferia spetti il compito di scorrere la lista. E allora? Come possiamo parlare di buona scuola se questa non tutela le periferie e quindi i giovani con maggiore rischio di esclusione sociale e marginalità? Al contrario, ci aspettavamo che una riforma per la buona scuola avrebbe puntato principalmente alla diminuzione delle disparità tra aree avanzate e aree emarginate del Paese. Pensiamo a cosa succederebbe in Calabria: non c’è forse il rischio che nelle poche scuole dell’entroterra sopravvissute ai decentramenti del Decreto Gelmini non voglia andare nessun docente da top ten? E vogliamo poi parlare delle aree connotate da forti stigma e pregiudizi come San Luca o Platì o Rosarno? Vogliamo davvero fare credere che lo Stato scelga di abbandonare questi territori?
E qui, sul ruolo dello Stato come garante dell’equità sociale, vengo al secondo punto: l’annosa questione delle scuole paritarie. Ritengo che favorire, prevedendo sgravi fiscali per le famiglie che iscrivono i proprio figli alle scuole paritarie, sia un’offesa all’idea di istruzione intesa come diritto di cittadinanza (e non come privilegio economico) e che vada, anche questa idea, nella strada verso l’aumento delle disuguaglianze e non nella riduzione.
Occorre necessariamente cambiare rotta e fare in modo che sia davvero la volta buona per una scuola efficiente ma soprattutto equa.
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Federica Roccisano
Responsabile Welfare
Segreteria Partito Democratico Provincia di Reggio Calabria