“Vorrei che i calabresi tornassero a ribellarsi alla ‘ndrangheta come fecero dopo l’assassinio di mio marito. La Calabria ha bisogno di un risveglio delle coscienze, soprattutto tra i giovani”. Lo afferma l’ex deputata della Repubblica Maria Grazia Laganà, vedova del vicepresidente del consiglio regionale Francesco Fortugno. “Sono molto preoccupata – sostiene l’esponente del Partito democratico – perché quanto sta accadendo da alcuni mesi nella mia regione non può essere considerato ordinario, neppure in una terra da sempre abituata alla presenza pervasiva della criminalità organizzata. Negli ultimi tempi si sono moltiplicati gli atti intimidatori, le minacce, i danneggiamenti. Spesso sono stati colpiti amministratori pubblici o imprenditori. Si tratta di vicende di natura e di matrice assai diverse l’una dall’altra. Ma questo quotidiano stillicidio è il sintomo di una situazione sociale e dell’ordine pubblico allarmante, su cui è necessario intervenire”.

Maria Grazia Laganà Fortugno esprime in particolare “vicinanza a Tiberio Bentivoglio, il testimone di giustizia che dopo aver subito una serie di attentati ed essere miracolosamente scampato a un agguato, ha visto andare in fumo l’intero deposito della sua azienda. A lui rivolgo un pensiero di solidarietà e un invito ad andare avanti nonostante tutto”. Poi prosegue: “I duri colpi inflitti dalla magistratura e dalle forze dell’ordine ai clan hanno causato la reazione delle cosche, che sono in difficoltà e che cercano di ripristinare il controllo del territorio. Per farlo, il loro unico strumento è la forza di intimidazione. Ma se questo è lo scenario, allora è ancora più urgente intervenire per impedire che la Calabria scivoli lentamente verso una sorta di guerriglia alimentata da una rappresaglia contro lo Stato”.

Per questo, l’ex parlamentare della Repubblica ritiene “fondamentale cementare un nuovo patto sociale, nel quale le istituzioni democratiche, la Chiesa, l’imprenditoria pulita, il mondo della scuola e dell’associazionismo rinnovino l’impegno a lottare contro i clan. Come ripeteva mio marito Franco, nessuno può chiamarsi fuori da questa battaglia. Nessuno. Dobbiamo attivare una grande iniziativa sociale, di diffusione della cultura della legalità, partendo dalla scuola, dalle parrocchie e dalle altre formazioni sociali che contribuiscono a formare i giovani. Dobbiamo spiegare ai ragazzi da quale parte sta il bene e da quale il male. Ma per raggiungere questo obiettivo – conclude Maria Grazia Laganà Fortugno – lo Stato dovrà svolgere un ruolo attivo, dimostrandosi forte e credibile. Senza una risposta ferma ed efficace a ogni livello, rischiamo solo di aggravare una situazione già insostenibile”.

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