Nove persone sono finite in carcere, sospettate di avere, a vario titolo, promosso, diretto, finanziato, organizzato e realizzato un intenso traffico internazionale di stupefacenti dal Sudamerica.
Un business che si stima intorno in oltre 47 milioni di euro, somma per chi è scattato il sequestro insieme a fabbricati e terreni il cui acquisto non risulta giustificato dai redditi dichiarati dagli indagati (che in totale sono 59), e del valore complessivo di circa 600 mila euro.
È il risultato della indagini coordinate dalla Dda del capoluogo di regione e sviluppate dal Pef e dal Gico delle fiamme gialle che hanno fatto luce sugli affari sull’organizzazione, di matrice ‘ndranghetistica, in quanto servente gli interessi della cosca Gallace di Guardavalle, piccolo centro del catanzarese in cui vi sarebbe la base operativa, ma con referenti e basi logistiche anche in altre regioni italiane – Lazio, Toscana, Sardegna e Lombardia – e all’estero.
Il rip-off e l’esfiltrazione
Gli inquirenti ritengono di aver fatto luce su numerose importazioni di cocaina, principalmente dal Perù, dalla Colombia e dal Brasile, Paesi dove vivono stabilmente alcuni presunti sodali che curavano il reperimento dello stupefacente e le operazioni logistiche per nasconderla in container (con la cosiddetta tecnica del “rip-off”).
I carichi venivano poi imbarcati su navi cargo destinate a porti del Nord Europa (prevalentemente Rotterdam, Amburgo e Anversa) e nazionali (come Gioia Tauro, Livorno, Civitavecchia, Genova e Trieste), dove pure entravano in azione uomini dell’associazione in grado di organizzare squadre di esfiltratori dall’area portuale.
In aereo e per corriere
I narcotrafficanti usavano però ed anche l’aereo, importando la droga tramite l’aeroporto tedesco di Francoforte, se non addirittura le spedizioni tramite corriere: la cocaina liquida veniva infatti nascosta nel succo di moringa o celata imbevendo di stupefacente le scatole di cartone contenenti la frutta in arrivo dalla Colombia.
I mercati dell’hashish
L’organizzazione avrebbe anche commercializzato ingenti quantitativi di hashish destinati ai mercati di Roma, Grosseto e Milano, e appositi additivi chimici in grado di convertire la canapa legale in stupefacente e sostanza psicotropa, oltre ad aver allestito numerose piantagioni di marijuana in Toscana, Lazio e Calabria.
Le chat criptate
Una tesi investigativa che troverebbe conferma dall’analisi delle chat criptate, nelle quali i gli indagati pianificavano accuratamente le attività costituendo “chat di gruppo” cui partecipavano tutti i coinvolti nella singola operazione.
Da qui si è arrivati ad identificare buona parte dei componenti del gruppo, in cui un ruolo centrale lo rivestiva un broker calabrese, ritenuto “uno dei referenti più grossi della Calabria”, di stanza in Germania.
Le operazioni illecite sarebbero state tutte dirette e coordinate da un elemento di vertice della cosca Gallace, esponente apicale della ‘ndrangheta.
Le importazioni di droga
Le fiamme gialle hanno ricostruito, tra il maggio 2020 ed il marzo 2021, importazioni di droga per oltre una tonnellata di cocaina e più di 200 chili di hashish e riconducendo all’organizzazione 17 sequestri (per oltre 400 chili di coca) effettuati tra Italia ed estero.
Successivamente, con le tradizionali attività investigative, sarebbe stata delineata l’operatività attuale dell’organizzazione e, all’esito di mesi di collaborazione con la Dea e con l’Esperto per la Sicurezza della Dcsa di stanza a Lima (in Perù), il 19 settembre del 2022, era stato controllato un container (proveniente sempre dal Perù) contenente caffè, giunto al porto di Trieste, al cui interno furono trovati circa 100 kg di cocaina.
L’operazione
L’operazione è stata condotta dai militari dello Scico e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro che hanno eseguito un’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale, su richiesta della Procura della Repubblica locale.
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