Sono 104 le donne uccise in Italia dall’inizio dell’anno e fino al 20 novembre scorso. 104 su un totale di 273 omicidi commessi in Italia. I numeri diffusi dal Viminale confermano quello che sappiamo ormai da anni: è soprattutto in famiglia che le donne vengono uccise. Quest’anno sono state, 52 delle quali uccise dal partner o da un ex. E poi c’è la violenza che si consuma nel quotidiano, quella che magari non sempre (o non subito) porta alla morte. La violenza delle botte; quella psicologica, fatta di disprezzo, di offese, di manipolazioni finalizzate alla sottomissione; la violenza economica e sociale, che priva le donne dell’indipendenza e della libertà; quella sessuale, che assume forme e contorni sempre più subdoli.

Dietro tutte c’è una concezione perversa e distorta dei rapporti tra uomo e donna. Una concezione talvolta alimentata, e comunque non ancora abbastanza osteggiata, da una cultura che in Italia solo di recente ha iniziato ad affrontare la questione in maniera più complessiva ed articolata. Una cultura ancora intrisa di luoghi comuni ostili alle donne, di mancata educazione familiare e scolastica ad un corretto rapporto tra i sessi, di esempi distorti, di sottovalutazione del problema, di uso poco accorto delle parole.

Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, le manifestazioni pubbliche si moltiplicano di anno in anno. Ed è un bene. Della violenza sulle donne, però, occorre occuparsi nel quotidiano; e nella pratica oltre che in teoria. Con investimenti seri a sostegno della rete di protezione delle donne maltrattate: centri di ascolto, case famiglia, residenze protette. E poi con soldi e lavoro che permettano alle donne di potersi liberare, perché è col ricatto economico che spesso vengono trattenute, specie se madri. Bisogna dare loro la certezza che ogni loro denuncia verrà presa nella giusta considerazione, e la certezza della pena per gli autori delle violenze. Bisogna trovare nuove leggi per perseguire la violenza che corre sulla rete. E poi parlarne, parlarne continuamente e nella maniera corretta.

“La violenza contro le donne è un’aperta violazione dei diritti umani – ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – e non ha distinzioni geografiche, generazionali, sociali. Negli ultimi decenni sono stati compiuti sforzi significativi per riconoscerla, eliminarla e prevenirla in tutte le sue forme. Tuttavia, per troppe donne, il diritto ad una vita libera dalla violenza non è ancora una realtà. Porre fine alla violenza contro le donne, riconoscerne la capacità di autodeterminazione, sono questioni che interpellano la libertà di tutti”. “Un’azione efficace per sradicare la violenza contro le donne deve basarsi sulla diffusione della prevenzione delle cause strutturali del fenomeno e su una cultura del rispetto che investa sulle generazioni più giovani, attraverso l’educazione all’eguaglianza, al rispetto reciproco, al rifiuto di ogni forma di sopraffazione”.

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