R. e P.

“Se l’azienda Locride Ambiente vuole veramente un dialogo per come non cessa di dire in ogni sua nota – dialogo cercato dalla scrivente organizzazione sindacale per mesi e mesi senza mai trovarlo –allora saremo lieti di dialogare ma prima è necessario che vengano messe da parte tutte le vuote parole e che l’azienda cominci a dare con i fatti una reale dimostrazione della propria volontà di cambiare atteggiamento. Se così sarà dialogheremo per risolvere i problemi. Fino a quel momento  i lavoratori, nel rispetto della  legge e delle regole, continueranno a protestare. A cominciare da venerdì 5 luglio p.v. i  cui si sciopererà”. Così scrive in riscontro di una nota di Locride Ambiente a firma dell’Avv.Pasquale Falduto con cui veniva richiesta la revoca della giornata di sciopero indetta per il 5 luglio, il responsabile provinciale dello Slai Cobas di Vibo Valentia Nazzareno Piperno, inviata contestualmente  alla commissione di garanzia di Locride Ambiente, alla Prefettura di Reggio Calabria ed ai  comuni di Bagnara, Bovalino,Grotteria,M.di Gioiosa,Monasterace, Motta S.G., San Pietro di Caridà e Siderno. Per Piperno non esistono i presupposti per accogliere tale richiesta. “Nel rilevare come lo sciopero sia stato indetto nel rispetto scrupoloso rispetto delle procedure e dei termini previsti dalla legge e come, risulti, pertando, perfettamente legittimo nella forma, non avendo la parte aziendale espletato le pur richieste procedure di raffreddamento e conciliazione, si sottolinea in tale sede la sua fondatezza anche nei contenuti. Per come noto, infatti, la protesta nasce dalla necessità di una presa di posizione forte nei confronti di parte datoriale che sistematicamente ritarda i pagamenti delle retribuzioni ai lavoratori propri dipendenti senza peraltro comunicare mai loro l’entità  presumibile del ritardo. Lavoratori che, quindi, ogni mese, si trovano nell’impossibilità di conoscere se e quando arriveranno a percepire i frutti dei propri sforzi e del proprio impegno e ,quindi, di programmare la vita propria e delle proprie famiglie. Le motivazioni addotte dalla società, a supporto della richiesta di revoca dello sciopero e contenute nella nota in oggetto, infatti, insistono sempre pedissequamente sui ritardi nel pagamento dei canoni da parte delle varie Amministrazioni appaltanti che  non sono certo esenti da colpe ma non possono certo essere sempre utilizzate come scusante da parte dell’azienda per mascherare la propria incapacità gestionale e finanziaria di far fronte agli impegni economici nei confronti dei propri dipendenti.  In altri termini ciò che risulta assolutamente inaccettabile nelle trite ritrite argomentazioni aziendali è l’assioma per cui i lavoratori non vengono pagati finchè l’azienda non riceve il pagamento dei canoni da parte dei Comuni. Si tratta di un presupposto inaccettabile perché collega il sacrosanto diritto alla retribuzione dei lavoratori al verificarsi di un evento dipendente da terzi  su cui i lavoratori non esercitano alcun controllo e con cui i lavoratori non hanno alcun rapporto. Quello che l’azienda sembra dimenticare – pur dubitando che lo dimentichi davvero, rientrando il tutto nel neanche tanto larvato tentativo di distogliere l’attenzione dalle proprie inefficienze puntando il dito sui pur esistenti inadempimenti dei vari Comuni- è che i lavoratori non sono dipendenti dei Comuni ma dell’azienda per la quale hanno svolto il servizio e da cui devono essere pagati  alla scadenza prevista. E se un pagamento puntuale, eccezionalmente, non potesse essere garantito , è preciso dovere della società comunicare ai lavoratori i tempi in cui lo stesso avverrà per non lasciare nell’incertezza chi su quei (pochi) soldi fa affidamento per mantenere se stesso e le proprie famiglie. Il resto, sono, con il dovuto rispetto per le istituzioni cui la presente è indirizzata, solo chiacchiere. Tali sono , infatti, le preoccupazioni espresse dall’azienda per l’aspetto igienico-sanitario dello sciopero, specie  ora che le temperature superano la normale soglia di tollerabilità. E ciò per diversi ordini di ragioni.In primo luogo il caldo non può certo essere considerato – al netto delle fasce di rispetto anche non cominciate- motivazione valida per impedire ai lavoratori l’esercizio di un loro diritto costituzionalmente garantito. In  secondo luogo , se fa caldo fa caldo per tutti e non ci risulta che altrettanti riguardi l’azienda nutra nei confronti di lavoratori costretti a svolgere turni nelle ore più calde del giorno- dalle 10 in poi- sotto il sole cocente  e con automezzi fatiscenti e maleodoranti perché solo di rado lavati ed ,ovviamente, privi di impianto di condizionamento. Società che dimostra ben pochi riguardi nei confronti dei lavoratori anche quando trattandoli quasi come tessere di un domino, ne fa utilizzazione selvaggia spostandoli  continuamente di cantiere senza preavviso in assenza di qualsivoglia ordine di servizio scritto ed in barba agli obblighi nascenti dai contratti di lavoro individuali sottoscritti dai lavoratori stessi. O come quando li costringe , per come da mesi sta avvenendo per i lavoratori di Bagnara Calabra, a percorrere decine e decine di chilometri ogni giorno solo per recuperare gli automezzi necessari al servizio a causa di una scellerata scelta organizzativa aziendale che ha collocato il deposito aziendale nel comune di Palmi. Scelta scellerata che penalizza il servizio- dal cui svolgimento vengono detratti i tempi necessari a percorrere il tragitto da e per il deposito aziendale- ed i lavoratori che per raggiungere tale deposito devono usare la propria autovettura sopportandone i relativi costi”.