COMMENTO AL VANGELO XV DOMENICA ORDINARIA (A)
Per far comprendere meglio il suo insegnamento Gesù si serve spesso di parabole. Un seminatore sparge a piene mani la buona semente: una parte cade sulla strada, parte fra i sassi, parte tra le spine e altra ancora sulla terra buona. Il significato spirituale è molto chiaro: GESU’ è il seminatore, la buona semente è la PAROLA di Dio da Lui annunciata e NOI siamo il terreno che accoglie questa semina. Questo terreno può essere più o meno buono.
Alcune volte è paragonabile a una STRADA sulla quale il seme non può mettere le radici. Anche noi tante volte rischiamo di essere come questa strada. Con la nostra distrazione e la dissipazione non accogliamo la Parola di Dio e questa non riesce a produrre frutto in noi: il maligno ruba il buon seme e ci lascia nella nostra pochezza. Per meglio dire, tante volte noi siamo sordi alla Parola di Dio e non riusciamo proprio a comprenderla. Siamo sordi proprio perché distratti e presi dal frastuono di questo mondo.
Altro seme cade sul terreno SASSOSO. Gesù spiega che questo terreno rappresenta tutti quelli che ascoltano la Parola e l’accolgono con gioia ma, al sopraggiungere di qualche difficoltà o tribolazione, abbandonano ogni buon proposito. Quanti cristiani iniziano con entusiasmo un cammino, ma poi non avendo radici, tornano indietro scoraggiati dalle difficoltà. Facile è iniziare, difficile è perseverare!
Del seme cadde invece sui ROVI, i rovi crebbero e soffocarono il buon grano. Questo terreno spinoso simboleggia tutti quelli che ascoltano la Parola di Dio ma poi sono presi dalle preoccupazioni del mondo e dalle seduzioni della ricchezza.
Saremo anche noi BUON TERRENO, che produce il cento per uno, se ascolteremo docilmente la Parola di Dio, liberando la nostra mente e il nostro cuore dalle pietre della nostra incostanza e dalle spine delle preoccupazioni mondane. Allora si realizzeranno nella nostra vita le parole di Isaia: “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca”. Ma noi che terreno siamo?

don Enzo Ruggiero

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