Don Pippo Curatola compie oggi 80 anni. È nato, infatti, a San Lorenzo (Reggio Calabria) il 19 settembre 1945, è stato ordinato sacerdote il 21 settembre 1968 ed è giornalista pubblicista iscritto all’Ordine della Calabria dall’11 giugno 1983. Oggi, venerdì 19 settembre, alle ore 18.30 al Santuario del Sacro Cuore in Sales di via Reggio Campi 95, celebrerà la messa al termine della quale la comunità reggina lo festeggerà con la più profonda e sincera gratitudine.

Don Pippo Curatola in dialogo segreto con mons. Giovanni Ferro che dopo averlo ordinato sacerdote gli ha concesso di confessare la sera stessa
«Una piccola cerimonia ma una grande festa – spiega Carlo Parisi, direttore di Giornalisti Italia e segretario generale della Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione – per esprimere il più profondo e sincero sentimento di gratitudine al Buon Pastore che non si è mai limitato a indicare, con la Parola di Dio, la strada della gioia e della speranza, ma si è sempre fatto carico della sofferenza di tutti, soprattutto dei più deboli e indifesi, accompagnandoli per mano con gli occhi e il cuore della misericordia e il conforto e la luce della Fede. Ringrazio di cuore Donatella Calarco ed Ethel Morabito per aver affidato a me il non semplice compito di parlare del padre spirituale, fratello, collega, consigliere, guida, che c’è sempre stato nella mia vita e mi ha aiutato a comprendere, assieme a padre Michele Cordiano, il valore del dolore e della sofferenza per l’affermazione del bene e, soprattutto, della conoscenza del mistero della vita oltre la vita che ha segnato il mio profondo rapporto con Natuzza Evolo».
La storia di Don Pippo Curatola è anche la storia della Stampa Cattolica in Calabria e di un giornale, “L’Avvenire di Calabria”, che ha diretto ininterrottamente per 34 anni. Un record straordinario e ineguagliabile per la storia del giornalismo italiano.
Dopo il diploma di Maturità classica, ha frequentato gli Studi di Teologia nel Seminario Pontificio Pio XI di Reggio Calabria, conclusi con il diploma di Baccalaureato in Teologia conseguito –summa cum laude – a Napoli nella Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale in Posillipo. Iscritto alla Facoltà di Scienze Umane dell’Università degli Studi di Messina ha conseguito, con 110 e lode, la Laurea in Filosofia. Docente di Lettere per due anni e poi di Storia e Filosofia nei Licei Statali dal 1968 al 2001, è stato docente di Sacra Scrittura all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Reggio Calabria per 20 anni (dalla sua fondazione) e contemporaneamente di Etica per 10 anni.

Don Pippo Curatola, con preti di tutta Italia a Gerusalemme, porta la Croce lungo la salita verso il Calvario.
Ordinato Sacerdote nella chiesa del Sacro Cuore in Reggio Calabria il 21 settembre 1968, padre spirituale del Seminario Minore di Reggio Calabria (1968-1971 e 2015-2017), dittereo della Parrocchia Protopapale Santa Maria della Cattolica dei Greci (1971-1977), rettore e commissario arcivescovile della Chiesa dell’Annunziata di Reggio Calabria (1977-1978), arciprete di Scilla (1978-1983), rettore del Seminario Pontificio Pio XI di Reggio Calabria (1983-1996), canonico del Capitolo Metropolitano dal 1980, cappellano di Sua Santità col titolo di Monsignore dal 1988, protopapa della Parrocchia Santa Maria della Cattolica dei Greci (1997-2011), rettore del Santuario del Sacro Cuore in Sales di Reggio Calabria dal 2011.
È stato direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria, direttore del settimanale diocesano L’Avvenire di Calabria (1981-2015), membro – in rappresentanza del Sud Italia – del Cda del quotidiano Avvenire per 9 anni, membro del Consiglio Nazionale della Fisc per 15 anni, consigliere nazionale e delegato regionale della Federazione dei Settimanali Cattolici Italiani, presidente del Collegio dei Probiviri del Sindacato Giornalisti della Calabria. Nel 2005, assieme a Carlo Parisi e mons. Salvatore Nunnari, ha ricostituito la Sezione Calabria dell’Unione Nazionale Stampa Cattolica intitolata a Natuzza Evolo, ricoprendo gli incarichi di consigliere, presidente e consulente ecclesiastico. Nel 2022 è stato anche socio fondatore della Figec, il sindacato dei giornalisti e degli operatori dell’informazione e della comunicazione.
Don Pippo è sempre stato per tutti noi un sacerdote di grande carisma e di grande fascino. Quello che pensa te lo sbatte in faccia senza neanche cercare una qualsiasi forma di mediazione, ma alla sua età e con la sua esperienza il saggio prete reggino sa bene di poterselo permettere. Un testimone del nostro tempo, un protagonista della storia di Reggio Calabria e della sua provincia, ma soprattutto – ricorda lui stesso – «un viandante in attesa di capire dove andare in futuro».
– Perché un viandante don Pippo?
«Perché oggi più che mai mi sento un viandante. Se mi prometti di scriverlo ti racconto un pezzo della favola della mia vita di sacerdote. Non potrò mai dimenticare di aver incrociato un giorno un viandante speciale, proprio nel giorno della mia Prima Messa, subito dopo la mia Ordinazione».
– Un incontro speciale?
«Ti sto parlando di Padre Pio. Padre Pio da Pietralcina. Quel giorno, era il 22 Settembre del 1968, alla stessa ora, mentre io celebravo la mia Prima Messa Padre Pio celebrava invece la sua Ultima Messa. Quando lo seppi, il 23 mattina, mi sentii trafitto dal dolore, e non solo perché lui era volato in cielo, ma per la santità immensa che aveva lasciato a tutti noi in eredità per l’eterno. Vedi oggi posso dirlo, mi sento un viandante e avverto di essere ogni giorno sempre più vicino alla “meta”».
– Non vorrà parlarci di morte…
«Quello della morte è un pensiero di inesorabile timore, ma che si abbraccia anche ad un senso di gioia. Mi spiego meglio. Oggi sono più che mai consapevole che alla fine il viandante chiamato a raggiungere il Signore, una volta al cospetto del Padre, dovrà rispondere di quello che ha fatto in vita, e per quello che mi riguarda non solo quante volte ho peccato, ma soprattutto quante volte ho perdonato e amato…E questo mi porta grande serenità».
– 57 anni da prete. Non deve essere stata una semplice passeggiata…
«Stai attento, non dimenticare mai che l’apostolo Matteo ci spiega come Gesù non sia venuto per i giusti ma per i peccatori. Bene, lui mi ha chiamato 57 anni fa, e continua a chiamarmi ancora ogni giorno nonostante le mie fragilità. È nato così il mio amore per lui. E sai quando ho avvertito la sua presenza? Quando avevo ancora 9 anni, ero appena un bambino, tutto merito devo dire di un frate francescano venuto quella mattina all’Immacolata di Melito. Non lo dimenticherò mai. Mentre lui celebrava io mi dicevo: “Vorrei essere come lui”. E da quel momento il mio desiderio di diventare sacerdote e servo del Signore è andato crescendo anno dopo anno, giorno dopo giorno, finché mia madre un giorno capì che non aveva altra scelta. E allora andò a parlare con don Pensabene, che era il nostro arciprete, e gli chiese se era possibile accogliermi in seminario».
– Si può dire che don Pippo Curatola diventa sacerdote per via di un vero miracolo?
«Mia madre andò dall’arciprete don Pensabene a dirgli se era possibile farmi entrare in Seminario. E lì seppe che la retta da pagare mensilmente era elevata. I miei non potevano farcela. Mia madre me lo comunicò con le lacrime agli occhi. Ed io da allora cessai di svelare il fuoco che continuava a bruciarmi.
Dopo tre mesi da quel giorno, una mattina mia mamma mi chiese: “Figlio, ma tu vorresti sempre entrare in Seminario?”. Si, Mamma, ma non ho detto più niente, perchè so che non ce la possiamo fare. Ho solo pregato… E lei: “ieri l’arciprete mi ha detto che, se tu hai ancora forte questo desiderio, si può realizzare, perchè una donna vuole pagare la retta per tutti gli anni del tuo cammino”. Stavolta a piangere di gioia fui io. E l’abbracciai. Avevo 10 anni quando nel 1955 entrai in Seminario».
– Si ricorda quel suo primo giorno in Seminario?
«Come potrei non ricordarlo. Avevo solo dieci anni e tanta voglia dentro di servire il signore. Era il 1955, e fuori quel giorno pioveva».
– Ha un altro ricordo indimenticabile Padre della sua vita di sacerdote?
«È il giorno della mia ordinazione sacerdotale. Vuoi sapere che c’era quel giorno in Chiesa ad aspettarmi? C’era l’arcivescovo mons. Giovanni Ferro, un pilastro della Chiesa reggina, un uomo meraviglioso che meriterebbe di diventare Santo per tutto il bene che ha fatto a questa città e a questo territorio. Fu lui a imporre le sue mani sulla mia testa e a benedire il mio percorso futuro di uomo della Chiesa. Alla fine della celebrazione solenne della messa mons. Ferro mi chiamò sull’altare, io mi inginocchiai davanti a lui e lui mi disse “Pippo, ricordati che hai le mani legate. Dio ti ha chiamato e tu da questo momento sei suo per sempre. E se sei suo per sempre ogni giorno dovrai fasciare le ferite della gente che verrà nella tua nuova casa”».
– E lei cosa gli rispose?
«Che era quello che volevo, che tutto quello che lui mi aveva appena detto io me lo portavo dentro da anni, perché sin dal primo giorno di seminario io sentivo di dover rispondere a Dio delle cose belle o brutte che avrei fatto in suo nome, e piansi, piansi a lungo quel giorno per l’emozione».
– Che anni furono?
«Meravigliosi. Pieni di gioia e di conforto. Ricchi di emozioni e di pulsioni. Non c’era giorno della mia vita che io non mi sentivo felice del mio nuovo status. E poi, l’emozione più grande era quella di poter stare sempre di più accanto al mio vescovo.
Mons. Giovanni Ferro, che io adoravo e ammiravo. Ho vissuto accanto a lui nove anni intensi. Ci vedevamo più volte tutti i giorni. Io gli stavo accanto quando celebrava nella sua stanza, e tutte le volte che la domenica veniva in Cappella per concelebrare con me, avvolto dalla sola stola, e seduto sulla carrozzella».
– Don Pippo lo ricorda sempre con grande commozione…
«Sai cosa vorrei che tu scrivessi? Che la gente lo ha amato all’inverosimile, e non solo perché lui dava tutto quello che aveva ai poveri, ma perché lui stava accanto agli ammalati, perché lui aiutava i bisognosi, perché lui andava a trovare i preti nelle loro chiese continuamente. Credimi, l’ho già detto più volte in passato, ma chi si avvicinava a lui “sentiva” in lui la presenza di Dio. Avvertiva in lui qualcosa di straordinario. Dentro di lui e attorno a lui c’era Dio, lo avvertivi immediatamente, c’era Dio che ti aspettava, che ti parlava, che ti abbracciava…».
– Cosa conserva di lui?
«La lettera pastorale scritta nel febbraio del 1975, “Riconciliamoci con i fratelli”, che è un testo drammaticamente attuale, scritto ieri, o forse addirittura oggi.
Diceva più o meno questo: “Oggi più che mai, occorrono uomini i quali, più preoccupati del giudizio di Dio, che non di quello delle creature, non si tengano paghi di apparire giusti ed onesti, ma docili alla voce dello Spirito e assetati di giustizia, ne diano testimonianza in uno sforzo continuo di superamento dell’egoismo e di ogni cedimento morale; uomini forti nella fede, che per il regno di Dio e per la vera giustizia sappiano sacrificarsi, e con generoso impiego dei talenti ricevuti, diano alla vita il significato e il valore di un fedele servizio compiuto per amore, nella gioiosa speranza dei liberi figli di Dio».
– Per 34 anni ha anche diretto l’Avvenire di Calabria. Don Pippo che dire?
«Che oggi è tutto diverso. La rivoluzione tecnologica permette di fare cose che un tempo era impensabile fare. Basti pensare all’Intelligenza Artificiale, chi l’avrebbe mai immaginato? Ma, per tanti, tantissimi anni, il giornale che dirigevo è stata una grande fatica. La fatica non solo di pensare, di scegliere, di decidere cosa pubblicare, rapportarsi con tutti quelli che bussavano al giornale, ma anche quella di dover andare avanti e indietro in tipografia per controllare, correggere, dare il via alla fine. Una corsa che non finiva mai.

7 giugno 2008: Carlo Parisi consegna a Natuzza Evolo il Premio “L’Affabulatore d’oro” quale “straordinaria comunicative di verità”. Con lui, da sinistra: i vescovi Salvatore Nunnari e Luigi Renzo, e don Pippo Curatola (foto Giornalisti Italia)
Sai quante volte io – che per più di 30 anni ho insegnato filosofia nei licei – portavo con me le bozze per dare un ultimo sguardo mentre assegnavo compiti agli alunni? È la verità. Ma, devo essere onesto fino in fondo. Al di là della fatica, la cosa più bella per me è stato il poter “sentire” in tutti questi lunghi anni di lavoro e di impegno quotidiano la vicinanza dei lettori. Conservo ancora una miriade di lettere che mi mandavano. E quando io scrivevo, era come se “parlassi” a ognuno di loro.

1 giugno 2023, da sinistra: Nicola Pavone, Santa Giannazzo, Don Pippo Curatola, Carlo Parisi,. Margherita Ambrogio, Giorgio Belmonte, Andrea Musmeci, Antonietta Catanese e Antonella Giordano
La Parola mi bruciava dentro e io la offrivo. E come, non ricordare di quei miei primi anni le due visite di Papa Woityla, la prima nel 1984, la seconda nel 1988, che in Seminario da noi a Reggio si è fermato vivendo quei giorni come uno di noi? Quanti ricordi belli! Sai che ti dico? Fatelo anche voi, questo mestiere del giornalista, con passione e con trasporto, sempre e comunque, altrimenti non avrebbe nessun senso farlo».
– 80 anni don Pippo sono abbastanza per dirci quale è stata la stagione più felice del suo sacerdozio?
«Forse gli anni di Scilla, gli anni in cui andai a fare il prete in questo angolo di paradiso. Scilla credo sia la Parrocchia più bella dell’intera diocesi reggina. Dopo 5 anni vissuti lì da arciprete, me ne dovetti andare per diventare rettore in Seminario. E francamente, lo confesso, non volevo farlo. Ma l’arcivescovo mons. Aurelio Sorrentino mi supplicò e mi fece chiamare più volte soprattutto da don Italo Calabrò e da mons. Zoccali. Furono loro in realtà a convincermi. Lasciai quella parrocchia piangendo. Piangevo io e quel giorno piangevano tutti gli scillesi. Scilla era diventata una famiglia per me, accogliente, meravigliosa, unica. Ricordo che la mia casa era sempre aperta a tutti, e ogni loro casa era la mia casa. Ricordo ancora un primo venerdì del mese, quando andavo a piedi a casa di circa 30-40 famiglie per dare la comunione ai malati.
Salivo in fretta da Chianalea verso piazza san Rocco e, pur se giovane, mi stancai così tanto che quel giorno mi rivolsi a Gesù e gli dissi “Gesù io porto Te, queste ostie sei tu, sono il tuo corpo, ma sei Tu che oggi devi portare me da tutti loro. E mi sentii più libero, più forte e più veloce di sempre. Ti prego scrivi anche questo: Scilla, sei sempre nel mio cuore».
Quarantadue anni dopo quello straordinario capitolo, a festeggiarlo c’è la comunità reggina del Santuario del Sacro Cuore in Sales che lo conosce e lo ama da 54 anni, ovvero da quando gli fu affidata la Parrocchia Protopapale Santa Maria della Cattolica dei Greci che sorge a qualche centinaio di metri di distanza.
Buon compleanno, don Pippo, da tutta la redazione di Giornalisti Italia. (giornalistitalia.it)
Pino Nano